Saint Seiya GS - Il Forum della Terza Casa

Approfondimenti => Mitologia => Topic aperto da: tisifone75 - 15 Novembre, 2009, 17:07:47 pm

Titolo: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: tisifone75 - 15 Novembre, 2009, 17:07:47 pm
INDICE
Primo post pag 1: descrizione generale dell'Inferno e Canti I-VIII
Secondo post pag 2: Canti IX-

Rimenbrato da molti dai tempi delle superiori l'Inferno dantesco ha offerto e offre materiale infinito di discussioni ed è stato una delle principali fonti a cui si è ispirato Masami Kurumada per la saga di Hades. Questa descrizione della sua struttura, delle pene, dei personaggi e dei dialoghi danteschi vuole essere una sorta di carrellata se vogliamo attraverso quella possiamo dire un'operazione sincretistica (che aumenta poi nelle altre due cantiche) che non ha precedenti nè nè successori nella storia. Vogliate scusarmi se non posto tutto subito ma per fare una cosa fatta bene preferisco procedere passo dopo passo.

STRUTTURA DELL'INFERNO
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi33.tinypic.com%2Fxmiero.jpg&hash=7474d6c09579adb530712d6df19952c6a1844806)
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Come si può notare ha una struttura concentrica che si va via rimpicciolendo ricordando quindi un enorme cono. La distribuzione dei peccati segue l'Etica Nicomachea di Aristotele, i peccati saranno quindi più o meno gravi a seconda del quantitativo di ragione usato nell'atto peccaminoso stesso: i peccati di incontinenza prevedono un limitatissimo se non nullo uso della ragione, mentre i peccati di violenza ne prevedono un uso consapevole anche se a volte guidati di più dall'istinto, mentre i peccati di fraudolenza implicano l'uso effettivo della ragione nel concepire la frode. La modalità della punizione segue invece il contrappasso: La legge del contrappasso (lt. contra+patior=soffrire il contrario) è un principio che stabilisce la pena secondo il contrario della loro colpa commessa o per analogia ad essa.
La struttura richiama il simbolismo del numero 3: abbiamo infatti IX cerchi suddivisi in tre sezioni possiamo dire inerenti a 3 tipi di peccato diverso: incontinenza (Cerchi I-V), violenza (Cerchi VI , VII,a sua volta suddiviso in tre gironi) e VIII, a sua volta suddiviso in 10 bolge) e fraudolenza (IX Cerchio), Queste tre grandi sezioni di peccati vengono caratterizzate anche dalla presenza dai tre fiumi infernali: Acheronte, Stige e Cocito
Un fattore importante è quello luminoso: la luce nell'Inferno è assente si ha una fioca lumiinosità nei primi cerchi per poi passare alla totale oscurità, segno del progressivo allontamento da Dio.

DESCRIZIONE E PERSONAGGI
Canti I e II: selva oscura
L'incipit ci mostra la selvache si trova nei pressi Gerusalemme:
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Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura

Qui dove Dante incontra le tre belve simbolo di tre dei grandi vizi-peccati capitali: la lonza (ghepardo o lince simbolo della lussuria), il leone (superbia) e la lupa (avarizia)
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Terririzzato Dante indietreggia e in suo soccorso giunge Virgilio
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dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
.....
«Or se' tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar sì largo fiume?»,
rispuos'io lui con vergognosa fronte.
«O de li altri poeti onore e lume
vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore
che m'ha fatto cercar lo tuo volume.
Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore;
tu se' solo colui da cu' io tolsi
lo bello stilo che m'ha fatto onore
che gli illustrerà il percorso e le finalità del viaggio nell'oltretomba ricordando come Beatrice sia scesa dal Paradiso per pregare il poeta mantovano di guidare l'uomo a lei caro
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Canto III: entrata nell'Inferno, vestibolo e Acheronte
Dante e la sua guida entrano ora nel regno infernale ed innanzi a loro si erge la porta con incise parole indimenticabili:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi36.tinypic.com%2F33ni2hl.jpg&hash=0f9e2e586c421557636709fc18936e247c9dce8b)
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Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e 'l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate».
Indelebilmente l'Inferno è il luogo della pena eterna stabilito dalla giustizia divina e le cui anime non hanno alcune speranza di salvezza: appena entrato infatti Dante ode il lamento delle animeche attendono di essere trasportate al di là dell'Acheronte, Quivi sospiri, pianti e alti guai\risonavan per l'aere sanza stelle,
Peccatori e pene
Tra queste anime dannate Dante individua un folto gruppo di persone che corrono dietro ad un'insegna: gli ignavi, l'anime triste di coloro\che visser sanza 'nfamia e sanza lodo., la cui punizione è correre in eterno dietro all'insegna continuamente punti da vespe in tutte le parti del corpo e urlando dal dolore mentre a terra i vermi sbucavano per bere il loro sangue misto a sudore e tra le quali Dante individua l'ombra di colui\che fece per viltade il gran rifiuto., sulla cui identità i critici sono ancora discordi (Celestino V, Ponzio Pilato o Esaù). Virgilio dice che di questi dannati il mondo non si ricorderà mai poichè non si decidettero mai a prendere posizione, inoltre la loro collocazione è particolare in quanto si trovano nel vestibolo infernale ma non nell'Inferno vero e proprio, infatti ancora Virgilio spiega: Caccianli i ciel per non esser men belli,\né lo profondo inferno li riceve,\ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli\...non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
Giunti alla riva del fiume Acheronte Dante e Virgilio incontrano il primo personaggio infernale: Caronte che come nella mitologia greca è il nocchiero delle anime:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi37.tinypic.com%2F2s69afk.jpg&hash=8278aa81abaf0c5a5a8f5035203975c762c9ec06)
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Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo:
i' vegno per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.
E tu che se' costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Anzichè l'obolo Caronte richiede obbedienza assoluta in quanto esecutore della volontà divina e senza troppi complimenti usa il remo per sbattere sulla barca le anime dannate, egli trasporta anche Dante e Virgilio poichè il loro viaggio è voluto dal Cielo come gli dice il poeta mantovano:«Caron, non ti crucciare:\vuolsi così colà dove si puote\ciò che si vuole, e più non dimandare».

Canto IV: I Cerchio, il Limbo
Dante, che si era addormentato una volta salito sulla nave di Caronte, si risveglia bruscamente grazie ad un rumore forte simile ad un tuono e si ritrova sull'altra riva dell'Acheronte dove non riesce però a vedere nulla così Virgilio lo rassicura:
Vero è che 'n su la proda mi trovai
de la valle d'abisso dolorosa
che 'ntrono accoglie d'infiniti guai.
Oscura e profonda era e nebulosa
tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
io non vi discernea alcuna cosa.
«Or discendiam qua giù nel cieco mondo»,
cominciò il poeta tutto smorto.
«Io sarò primo, e tu sarai secondo».

Peccatori e pene
Siamo nel primo cerchio, Limbo, dove si trovano gli spiriti che vissero in virtù e i non battezzati, quindi tutti coloro che nacquero prima di Cristo e\o coloro che comunque che condussero una vita virtuosa:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi35.tinypic.com%2F259ewl2.jpg&hash=e51d4323a5b88e2ce4ff9e0cd9b6e7a7d7d8b91e)
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....«Tu non dimandi
che spiriti son questi che tu vedi?
Or vo' che sappi, innanzi che più andi,
ch'ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi,
non basta, perché non ebber battesmo,
ch'è porta de la fede che tu credi;
e s'e' furon dinanzi al cristianesmo,
non adorar debitamente a Dio:
e di questi cotai son io medesmo.
Per tai difetti, non per altro rio,
semo perduti, e sol di tanto offesi,
che sanza speme vivemo in disio».
La loro pena se così possiamo dire è l'eterno sospirare poichè loro che vissero virtuosamente non possono vedere Dio la cui mancanza genera il sospiro, un'aura di perenne malinconia caratterizza questo Cerchio.
Assistiamo anche alla dichiarazione di Virgilio dell'unica eccezione avvenuta all'inferno: dopo la resurrezione di Gesù il Figlio di Dio discese negli inferi e portò in Paratdiso i Patriarchi ebrei e le loro spose. Giungono quindi delle anime e queste sono le anime dei grandi poeti classici, tra cui Omero, il più importante secondo Dante, e poi Orazio, Ovidio e Luciano e altri ancora e tutti onorarono dante della loro parola :
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi34.tinypic.com%2F2qn1deu.jpg&hash=0b9844396eb14fdfb4989bd10006c2f4beb9af2a)
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....«Mira colui con quella spada in mano,
che vien dinanzi ai tre sì come sire:
quelli è Omero poeta sovrano;
l'altro è Orazio satiro che vene;
Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo Lucano.
Però che ciascun meco si convene
nel nome che sonò la voce sola,
fannomi onore, e di ciò fanno bene».
Così vid'i' adunar la bella scola
di quel segnor de l'altissimo canto
che sovra li altri com'aquila vola.
Una volta terminato di parlare Dante e Virgilio proseguono e vediamo un castello nella cui descrizione è ripetuta la simbologia del numero 7, simbolo delle sette virtù e in particolare le quattro virtù morali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) e le tre virtù intellettuali (intelligenza, scienza e sapienza) mancano ovviamente le virtù teologali (fede, speranza e carità in quanto siamo pur sempre nell'Inferno e queste anime conobbero il Cristianesimo, siamo però pur sempre nel luogo degli spiriti virtuosi:
Venimmo al piè d'un nobile castello,
sette volte cerchiato d'alte mura,
difeso intorno d'un bel fiumicello.
Questo passammo come terra dura;
per sette porte intrai con questi savi:
giugnemmo in prato di fresca verdura

E da questa verdura Dantè può ammirare gli spiriti magni tra i quali: Elettra, Ettore, Enea, Cesare, Camilla, Pentesilea, Latino e Lavinia, il Saladino, Socrate, Platone, Aristotele, i filosofi presocratici, Orfeo, Cicerone, Avicenna, Galeno e Averroè i quali avevano questa espressione:Genti v'eran con occhi tardi e gravi,\
di grande autorità ne' lor sembianti:\parlavan rado, con voci soavi.
. Tutto il canto seppur nell'atmosfera malinconica è pervaso dall'immagine dell'idillio e ricorda lo stile di Virgilio nelle Bucoliche mentre la descrizione del castello ricorda i Campi Elisi virigiliani.

Canto V: II Cerchio, i Lussuriosi
Custode del Cerchio e giudice infernale di tutte le anime dannate, le quali al suo cospetto confessano i loro peccati, all'infuori degli ingnavi e dei virtuosi del Limbo è Minosse, figlio di Europa e Zeus e re di Creta secondo la mitologia classica è da Dante trasformato in un mostro mezzo umano e mezzo rettile:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi33.tinypic.com%2F2lkpll1.jpg&hash=59b8f4c222ef251b73f12e268d013586c63b8854)
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Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata;
giudica e manda secondo ch'avvinghia.
Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
vede qual loco d'inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
dicono e odono, e poi son giù volte.
Vedendo Dante Minosse lo avverte delle insidie dell'Inferno:non t'inganni l'ampiezza de l'intrare, ricordiamo infatti la struttura a cono del regno infernale, man mano che si scenderà lo spazio diminuirà poichè i cerchi si faranno sempre più piccoli. Minosse intima a Dante anche di diffidare della sua guida, anima che comunque risiede all'Inferno, ma Virgilio gli ricorda la volontà divina che sta dietro il loro viaggio azzittendo questo mostro gigante: arriviamo quindi ad addentrarci nel vero e proprio Inferno e in sottofondo il rumore di un forte vento, come Dante ben sottolinea:
Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.
Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.

Peccatori e pene
In questo Cerchio sono puniti, secondo la legge del contrappasso (vd. aggiunta a struttura dell'inferno) i lussuriosi, cioè coloro che anteposero l'amore carnale, il piacere, a tutto il resto, in primis la ragione (ricordiamo il criterio aristotelico usato da Dante per la distribuzione delle pene), la loro pena consiste nell'essere eternamente trascinati nella bufera infernale così come in vita furono travolti dalla passione carnale:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi33.tinypic.com%2F2qbgplc.jpg&hash=6432fe5b5d48f93bd5f1e5bb0ee54b90b760f7de)
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La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.
Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.

E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena
E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid'io venir, traendo guai,
ombre portate da la detta briga
Tra questi spiriti Virgilio cita Semiramide e poi indica donne e uomini del passato mitologico e storico: Didone, Cleopatra, Elena, Achille (secondo la tradizione medievale si innamorò follemente di Polissena, una delle figlie di Priamo, e per questo fu tratto in agguato dove fu ucciso a tradimento, vd. anche le Metamorfosi di Ovidio), Paride, Tristano. Dante poi nota due spiriti con i quali vorrebbe parlare, sono Paolo e Francesca rei di aver concretizzato la loro passione pur essendo cognati ed uccis dal marito lei che era il fratello di Paolo:
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«Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri».
E' da sottolineare che Dante si sente molto vicino a queste anime in quanto nella Vita Nova ispirato da un tipo di sentimento che lui reputa simile: vedremo infatti come lo stile comico, nel senso di realistico, tipico dell'Inferno in questo canto cede il passo allo stile dei Poetae Gentili delineando le due anime che presto conosceremo e il loro racconto, il pathos con il quale Dante partecipa alla loro vicenda è senza uguali in tutto l'Inferno poichè questo è anche il suo peccato come nella settima Cornice del Purgatorio ben spiegherà Guido Cavalcanti. Le due anime giungono dal poeta: bellissima la similitudine delle colombe e le loro parole pronunciate insieme:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi37.tinypic.com%2Fhvsdxx.jp%5B%2Fspoiler%5D%5B%2Fcenter%5D%5Bcenter%5D%5Bi%5D%5Bb%5DQuali+colombe+dal+disio+chiamate%5B%2Fb%5D%3Cbr+%2F%3Econ+l%26%23039%3Bali+alzate+e+ferme+al+dolce+nido%3Cbr+%2F%3Evegnon+per+l%26%23039%3Baere+dal+voler+portate%3B%3Cbr+%2F%3Ecotali+uscir+de+la+schiera+ov%26%23039%3B%C3%A8+Dido%2C%3Cbr+%2F%3Ea+noi+venendo+per+l%26%23039%3Baere+maligno%2C%3Cbr+%2F%3Es%C3%AC+forte+fu+l%26%23039%3Baffettuoso+grido...%3Cbr+%2F%3E%5Bb%5D...Amor%2C+ch%26%23039%3Bal+cor+gentil+ratto+s%26%23039%3Bapprende%3Cbr+%2F%3Eprese+costui+de+la+bella+persona%3Cbr+%2F%3Eche+mi+fu+tolta%3B+e+%26%23039%3Bl+modo+ancor+m%26%23039%3Boffende.%3Cbr+%2F%3EAmor%2C+ch%26%23039%3Ba+nullo+amato+amar+perdona%2C%3Cbr+%2F%3Emi+prese+del+costui+piacer+s%C3%AC+forte%2C%3Cbr+%2F%3Eche%2C+come+vedi%2C+ancor+non+m%26%23039%3Babbandona.%3Cbr+%2F%3EAmor+condusse+noi+ad+una+morte%3A%3Cbr+%2F%3ECaina+attende+chi+a+vita+ci+spense%C2%BB.%5B%2Fb%5D%5B%2Fi%5D%5B%2Fcenter%5D%3Cbr+%2F%3EParole+cos%C3%AC+alte+e+sublimi+per+Dante+il+quale+si+sente+afflitto+per+i+due+amanti+e+partecipe+del+loro+dolore+%28%5Bi%5D...%C2%ABOh+lasso%2C%5Cquanti+dolci+pensier%2C+quanto+disio%5Cmen%C3%B2+costoro+al+doloroso+passo%21%C2%BB.%5B%2Fi%5D%29+al+punto+di+chiedere+ai+due+del+momento+in+cui+il+peccato+fu+compiuto%3A%5Bcenter%5D%5Bi%5D%C2%ABFrancesca%2C+i+tuoi+mart%C3%ACri%3Cbr+%2F%3Ea+lagrimar+mi+fanno+tristo+e+pio.%3Cbr+%2F%3EMa+dimmi%3A+al+tempo+d%26%23039%3Bi+dolci+sospiri%2C%3Cbr+%2F%3Ea+che+e+come+concedette+Amore%3Cbr+%2F%3Eche+conosceste+i+dubbiosi+disiri%3F%C2%BB.%5B%2Fi%5D%5B%2Fcenter%5D%5Bcenter%5D%5Bspoiler%5D%5BIMG%5Dhttp%3A%2F%2Fi35.tinypic.com%2F6pazck.jpg&hash=1e31cc88bf234a8dbe4bc8dfc349362070ae6326)
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Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
A queste meravigliose parole è da sfondo il pianto ininterrotto di Paolo, coului che mai sarà separato da Francesca (questi che da me mai non fia diviso): la partecipazione e la commozione di Dante verso Paolo e Francesca giunge al punto di farlo svenire talmente grande è stata questa emozione:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi33.tinypic.com%2Fzx30q0.jpg&hash=84feb95627ac04db69981ecb17527e4302a582db)
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Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.
E caddi come corpo morto cade

Canto VI: III Cerchio, i Golosi
Ripresi i sensi Dante si trova di fronte ad un nuovo spettacolo infernale:
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Io sono al terzo cerchio, de la piova
etterna, maladetta, fredda e greve;
regola e qualità mai non l'è nova.
Grandine grossa, acqua tinta e neve
per l'aere tenebroso si riversa;
pute la terra che questo riceve.
Peccatori e Pene
Custode di questo cerchio dove sono puniti coloro che commisero il peccato di gola, la golosità. è Cerbero, il mitico cane a tre teste già custode dell'Ade dei Greci, che Virgilio calma gettando alle sue bocche una manciata di terra, simbolo della pochezza del peccato di gola per cui basta che lo stomaco sia pieno:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi34.tinypic.com%2F2uy0nq0.jpg&hash=eded33a578798c02cc37e11265337307a1881f6f)
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Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole caninamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa....

..Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,
le bocche aperse e mostrocci le sanne;
non avea membro che tenesse fermo.
E 'l duca mio distese le sue spanne,
prese la terra, e con piene le pugna
la gittò dentro a le bramose canne.
Qual è quel cane ch'abbaiando agogna,
e si racqueta poi che 'l pasto morde,
ché solo a divorarlo intende e pugna,
cotai si fecer quelle facce lorde
de lo demonio Cerbero, che 'ntrona
l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.
I golosi sono puntiti da Cerbero stesso e dallapioggia eterna del Cerchio, infatti come in vita si abbuffarono qui soffrono una fame eterna e sono tormentati dalla pioggia e squartati dal cane infernale:
Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
e 'l ventre largo, e unghiate le mani;
graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra
Urlar li fa la pioggia come cani
;
de l'un de' lati fanno a l'altro schermo;
volgonsi spesso i miseri profani.

Tra i golosi prostrati a terra si erge Ciacco un fiorentino che Dante non riconosce, a causa dello stravolgimento dei suoi lineamenti dovuto alla pena, e a cui chiede quali saranno le sorti della sua città e dove potrà trovare i grandi uomini che resero onore a Firenze. Dobbiamo precisare che questo è principalmente un canto politico, in cui si discute appunto della vita politica fiorentina, così come lo saranno il VI Canto del Purgatorio ed il VI del Paradiso in cui si tratterà anche del destino dell'Italia e del mondo. Notiamo che le anime dei dannati hanno la facoltà di vedere nel futuro lontano ma non nel futuro prossimo, un'altra costante la troviamo nel ricordo della vita terrena che è l'unica cosa che addolcisce e nello stesso tempo strazia maggiormente la condizione dei dannati: Ciacco spiega a Dante che le due fazioni dei Guelfi (Bianchi e Neri) si succederanno al governo fino a quando i Neri riusciranno a prevalere e per i Bianchi e per Dante non resterà che l’esilio e la rovina e inoltre getta inquietudine nel poeta dichiarando che i grandi uomini fiorentini sono tra le anime più nere. Detto questo Ciacco ricade in basso e i due poeti proseguono.

VII Canto: IV Cerchio, gli avari e i prodighi, V Cerchio, gli iracondi
Il canto si apre con Dante che si impressiona molto alle parole di Pluto, il dio della ricchezza nella mitologia greca custode di questo Cerchio, che lancia un'esclamazione in una lingua orscura e sconosciuta: «Pape Satàn, pape Satàn aleppe! », sul cui significato i critici ancor oggi sono discordi e le cui interprezioni sono controverse. Virgilio rassicura il poeta e ammonisce Pluto che si ammutolisce lasciandoli passare:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi46.tinypic.com%2Fjh7tza.jpg&hash=01753053fe06bab1ed76fa57de23cec08bdd426e)
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«Taci, maladetto lupo!
consuma dentro te con la tua rabbia.
Non è sanza cagion l'andare al cupo:
vuolsi ne l'alto, là dove Michele
fé la vendetta del superbo strupo».

Quali dal vento le gonfiate vele
caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca,
tal cadde a terra la fiera crudele.
Notiamo una caratteristica che sarà comune d'ora in poi a diverse anime dannate, non a tutte, che è la rabbia verso il Divino, il rancore verso la giustizia divina applicata.
Pene e peccatori
In questo cerchio sono puniti gli avari e i prodighi ovvero coloro che furono troppo tirchi diciamo o troppo scialcquatori di denaro, primo caso di punizione di due peccati opposti ma analoghi, Pluto quindi è il custode più consono a questa pena. La loro eterna pena è quella di stare in due schiere opposte spingendo massi lungo il cerchio: a metà giro si scontrano insultandosi e rinfacciandosi vicendevolmente i loro errori in vita, il continuo e inutile movimento dei massi rappresenta l'inutilità della loro avarizia o della loro prodigalità.:
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In etterno verranno a li due cozzi:
questi resurgeranno del sepulcro
col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi.
Mal dare e mal tener lo mondo pulcro
ha tolto loro, e posti a questa zuffa:
qual ella sia, parole non ci appulcro
Or puoi, figliuol, veder la corta buffa
d'i ben che son commessi a la fortuna,
per che l'umana gente si rabbuffa;
ché tutto l'oro ch'è sotto la luna
e che già fu, di quest'anime stanche
non poterebbe farne posare una».
Molto interessante in questo canto è poi la digressione sulla Fortuna fatta da Virgilio che secondo me ha un significato attualissimo e molto profondo:
....«Oh creature sciocche,
quanta ignoranza è quella che v'offende!

Or vo' che tu mia sentenza ne 'mbocche.
Colui lo cui saver tutto trascende,
fece li cieli e diè lor chi conduce
sì ch'ogne parte ad ogne parte splende,
distribuendo igualmente la luce.
Similemente a li splendor mondani
ordinò general ministra e duce
che permutasse a tempo li ben vani
di gente in gente e d'uno in altro sangue,
oltre la difension d'i senni umani;
per ch'una gente impera e l'altra langue,
seguendo lo giudicio di costei,
che è occulto come in erba l'angue.
Vostro saver non ha contasto a lei:
questa provede, giudica, e persegue

suo regno come il loro li altri dèi.
Le sue permutazion non hanno triegue;
necessità la fa esser veloce;
sì spesso vien chi vicenda consegue.

Quest'è colei ch'è tanto posta in croce
pur da color che le dovrien dar lode,
dandole biasmo a torto e mala voce;
ma ella s'è beata e ciò non ode:
con l'altre prime creature lieta
volve sua spera e beata si gode.

Proseguendo i due poeti giungono alla palude stigia nel V Cerchio
Peccatori e pene.
Qui sono puniti gli iracondi e dove ai loro occhi si presenta una scena inquietante:
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In la palude va c'ha nome Stige
questo tristo ruscel, quand'è disceso
al piè de le maligne piagge grige.
E io, che di mirare stava inteso,
vidi genti fangose in quel pantano,
ignude tutte, con sembiante offeso.
Queste si percotean non pur con mano,
ma con la testa e col petto e coi piedi,
troncandosi co' denti a brano a brano.
Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
l'anime di color cui vinse l'ira;
e anche vo' che tu per certo credi
che sotto l'acqua è gente che sospira,
e fanno pullular quest'acqua al summo,
come l'occhio ti dice, u' che s'aggira
Dopo aver attraversato la palude Dante e Virgilio si trovano ai piedi di una torre, da notare come in un canto si tratti di due Cerchi.

VIII Canto: V Cerchio, Iracondi e Accidiosi
A differenza degli altri canti qui notiamo che la narrazione non riprende esattamente dalla fine del canto precedenti ma da prima quando Dante e Virgilio in lontananza vedono la torre, tale discrepanza culturale ha fatto pensare ad un'interruzione compositiva del poeta tra i canti precedenti e ques'ultimo dove vediamo che Dante nota e si interroga sui segnali di fuoco che gli abitanti della torre sembrano scambiarsi.
Siamo sulle rive del secondo fiume infernale, lo Stige, fiume sacro infernalr secondo la mitologia greca (gli dei per sancire i grandi giuramenti giuravano su esso), e per rispondere alla domanda di Dante sul significato dei segni e dei segnali di fuoco scambiati da coloro che si trovavano sulla torre Virgilio gli indica prontamente colui che li porterà nei pressi della torre stessa dove il nostro poeta avrà le sue risposte: il nocchiero dello stige Flegias:
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Ed elli a me: «Su per le sucide onde
già scorgere puoi quello che s'aspetta,
se 'l fummo del pantan nol ti nasconde».
Corda non pinse mai da sé saetta
che sì corresse via per l'aere snella,
com'io vidi una nave piccioletta
venir per l'acqua verso noi in quella,
sotto 'l governo d'un sol galeoto,
che gridava: «Or se' giunta, anima fella!».
Nella mitologia greca era il figlio di Ares, dio della guerra, che per vendicare la morte dell'amata figlia tentò di incendiare il santuario più importante della Grecia, quello di Delfi consacrato ad Apollo, il dio che sedusse la fanciulla e che non perdonò tale affronto: dopo aver colpito più volte Flegias con le sue frecce lo gettò nel Tartaro dove egli in eterno fu costretto sopportare un masso che da un momento all'altro avrebbe potuto cadergli addosso e schiacciarlo. La storia di questi eventi è narrata nell'Eneide di Virgilio e nella Tebaide di Stazio. L'ira repentina e ardente che caratterizza questo personaggio mitologico è evidenziata dal significato stesso del suo nome che, come nome comune, indica un avvoltoio ricoperto di piume rosse; il nome Felgias ricorda inoltre i verbi phego (greco) e flagro (latino) che significano entrambi incendio\ardo e denotano, oltre la storia stessa di questo mito, Flegias come simbolo di un ira fulminea ed ardente rendendolo così perfetto come traghettatore dello Stige, fiume infernale in cui sono puniti appunto gli iracondi. Possiamo quindi dire che Flegias lo specchio del peccato qui punito in quanto peccatore lui stesso. Alle parole di Virgilio che gli comunica il loro fatale andare notiamo come l'ira lo prende completamente al punto di ammutolirsi:
«Flegiàs, Flegiàs, tu gridi a vòto»,
disse lo mio segnore «a questa volta:
più non ci avrai che sol passando il loto».
Qual è colui che grande inganno ascolta
che li sia fatto, e poi se ne rammarca,
fecesi Flegiàs ne l'ira accolta.
Peccatori e pene
A differenza della palude stigia qui gli iracondi sono sommersi dalle acque del fiume infernale
Una volta a bordo della barca, mentre attraversano lo Stige, un'anima dannata si rivolge a Dante chiedendo come mai è nel regno dell'oltretomba anzitempo, il poeta riconosce Filippo Argenti (il cui vero nome era Filippo Cavillucci, chiamato Argenti per via di una sua mania di ferrare i cavalli con l'argento, appartenente alla famiglia degli Adimari nemica degli Alighieri, come ribadirà nel Paradiso Cacciaguida) e si rivolge a lui in modo molto duro e severo, meglio ancora sdegnoso, accendendo l'ira del dannato che tenta di rovesciare la barca e viene bloccato dall'intervento di Virgilio :
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E io a lui: «Con piangere e con lutto,
spirito maladetto, ti rimani;
ch'i' ti conosco, ancor sie lordo tutto».
Allor distese al legno ambo le mani;
per che 'l maestro accorto lo sospinse,
dicendo: «Via costà con li altri cani!».
Lo collo poi con le braccia mi cinse;
basciommi 'l volto, e disse: «Alma sdegnosa,
benedetta colei che 'n te s'incinse!
Quei fu al mondo persona orgogliosa;
bontà non è che sua memoria fregi:
così s'è l'ombra sua qui furiosa.
Quanti si tegnon or là sù gran regi
che qui staranno come porci in brago,
di sé lasciando orribili dispregi!».
E io: «Maestro, molto sarei vago
di vederlo attuffare in questa broda
prima che noi uscissimo del lago».
Ed elli a me: «Avante che la proda
ti si lasci veder, tu sarai sazio:
di tal disio convien che tu goda».
Tra le varie interpretazioni di questi versi personalmente concordo con il Tommaseo secondo il quale lo sdegno di Dante è la rappresentazione della giusta ira, specchio dell'ira divina, secondo la quale per Virgilio è giusto che Dante goda di questo spettacolo immondo, contrapposta all'ira insensata e furibonda di questi peccatori, di cui Filippo Argenti è simbolo nel suo aggrapparsi alla nave nel tentativo di ribellarsi e a cui le altre anime fanno appello dopo l'accaduto mentre lo straziano di tormenti. Secondo il Tommaseo sempre pare che Dante qui stia maturando grazie alla gravità della pena commessa, il suo atteggiamento è infatti completamente diverso da quello tenuto nei canti precedenti, e inizi da qui il suo percorso di identificazione con la posizione divina.
Rifiutandosi di parlare ancora dell'Argenti Dante vede approssimarsi la città di Dite da cui vede fuochi ardere e sente le urla dei dannati che sono all'interno; scesi dalla barca e giunti alle mura della città con orrore Dante vede che i demoni gli urlano contro rimproverandogli di aver intrapreso questo suo viaggio da vivo, tanto che per placarli Virgilio fa loro cenno di voler parlare da solo, anche per ottenere il passaggio incolumi dentro le mura.
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Io vidi più di mille in su le porte
da ciel piovuti, che stizzosamente
dicean: «Chi è costui che sanza morte
va per lo regno de la morta gente?».
E 'l savio mio maestro fece segno
di voler lor parlar segretamente.
Allor chiusero un poco il gran disdegno,
e disser: «Vien tu solo, e quei sen vada,
che sì ardito intrò per questo regno.
Sol si ritorni per la folle strada:
pruovi, se sa; ché tu qui rimarrai
che li ha' iscorta sì buia contrada»
Ora lo sgomento del poeta è così forte da farlo appellare al lettore per rivelare il suo stato d'animo e poi rivolgersi accoratamente a Virgilio:
Pensa, lettor, se io mi sconfortai
nel suon de le parole maladette,
ché non credetti ritornarci mai.
«O caro duca mio, che più di sette
volte m'hai sicurtà renduta e tratto
d'alto periglio che 'ncontra mi stette,
non mi lasciar», diss'io, «così disfatto;
e se 'l passar più oltre ci è negato,
ritroviam l'orme nostre insieme ratto».
Il poeta rassicura Dante che lo vede allontarsi:
Così sen va, e quivi m'abbandona
lo dolce padre, e io rimagno in forse,
che sì e no nel capo mi tenciona.
Rimasto solo dante volge gli occhi alla porta della città presso cui è  Virgilio discuteva con i diavoli e dopo poco lo vede uscire deluso ma non afflitto:
Chiuser le porte que' nostri avversari
nel petto al mio segnor, che fuor rimase,
e rivolsesi a me con passi rari.
Li occhi a la terra e le ciglia avea rase
d'ogne baldanza, e dicea ne' sospiri:
«Chi m'ha negate le dolenti case!».

E a me disse: «Tu, perch'io m'adiri,
non sbigottir, ch'io vincerò la prova,
qual ch'a la difension dentro s'aggiri.
Questa lor tracotanza non è nova;
ché già l'usaro a men segreta porta,
la qual sanza serrame ancor si trova.
Sovr'essa vedestù la scritta morta:
e già di qua da lei discende l'erta,
passando per li cerchi sanza scorta,
tal che per lui ne fia la terra aperta».
Apprendiamo così da Virgilio che non deve meravigliare l'atteggiamento di questi diavoli che sono gli stessi che si opposero a Cristo quando scese agli inferi e che gli sbarrarono la porta dell'inferno tanto che il Redentore dovette sfondarla.
Da notare che le parole del poeta mantovano e la sua descrizione dopo il dialogo con i diavoli rappresentano anche la prima sconfitta della ragione, di cui Virgilio è il simbolo, di fronte al peccato e ai peccatori e indica il bisogno di ulteriori qualità e aiuti per superare questo momento e la città di Dite.

Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: MARADONAFAN - 15 Novembre, 2009, 17:36:18 pm
gran bel topic, non sapevo che Dante si basasse sull'etica nicomachea! :uhm:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: angelo - 15 Novembre, 2009, 17:50:00 pm
caspita ottimo lavoro :+1: *mur
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: Pandora - 15 Novembre, 2009, 18:12:17 pm
concordo nel dire che è un ottimo lavoro tisifone, aspetto di leggere il seguito :ok:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: hunterj - 15 Novembre, 2009, 18:31:54 pm
mitica nee-chan :+1:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: carot_a - 15 Novembre, 2009, 20:46:54 pm
veramente bravo...
ma la domanda che mi sorge spontanea è:
QUANTO TI CI è VOLUTO PER SCRIVERE TUTTA STA ROBA??   :xDD:
Massimo rispetto  :grazie:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: Maverick - 15 Novembre, 2009, 21:03:08 pm
Mitica Tisifone :metal:

:+1: meritatissimo per te :metal:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: tisifone75 - 16 Novembre, 2009, 00:37:36 am
Aggiunto nel primo topic la decrizione del Limbo

gran bel topic, non sapevo che Dante si basasse sull'etica nicomachea! :uhm:
Grazie :cuore:  nell'XI canto per bocca di Virgilio Dante lo spiega esplicitamente, poi ci torneremo su ;)
veramente bravo...
ma la domanda che mi sorge spontanea è:
QUANTO TI CI è VOLUTO PER SCRIVERE TUTTA STA ROBA??   :xDD:
Massimo rispetto  :grazie:
Veramente io sarei una fanciulla caro Carot *plego  grazie e comunque non mi ci è voluto tanto, adoro Dante e le sue opere e quindi per me è bello fare questi post :)

Andate controllando il topic perchè cercherò di aggiornarlo giornarlmente LOL LOL LOL LOL LOL

Grazie a Pandora :cuore:  e Angelo :)
E granzie anche a Maverick :cuore: LOL e al mio caro Nii-sama: smack :cuore: :CIAO:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: hunterj - 16 Novembre, 2009, 09:43:54 am
nee-chan anche tu la prima volta mi dissi cara huntery poi LOL manco hunterj :LOL:
cmq ribadisco gran lavoro  :ok:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: tisifone75 - 16 Novembre, 2009, 12:28:50 pm
Aggiunti nel primo topic Canti V e VI (Lussuriosi e Golosi)

nee-chan anche tu la prima volta mi dissi cara huntery poi LOL manco hunterj :LOL:
E che non mi ricordo Nii-san? Ecco che capita a me: la giustizia divina provvede sempre :D
cmq ribadisco gran lavoro  :ok:
Grazie acora Nii-sama :cuore: :cuore:
 :CIAO: :CIAO: :CIAO:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: nfscarbon4 - 16 Novembre, 2009, 12:49:18 pm
Gran topic! complimenti Tisifone,la Divina Commedia è fantastica ;)
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: HYOGA4EVER - 16 Novembre, 2009, 14:25:19 pm
grazie di questo topic proprio in questo momento a italiano stiamo studiando l'inferno dantesco
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: apollo creed - 17 Novembre, 2009, 13:14:27 pm
che gran bel topic.

Shaina mi "incanta" con il suo colpo segreto.
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: tisifone75 - 18 Novembre, 2009, 18:55:57 pm
Aggiunto canto VII
Gran topic! complimenti Tisifone,la Divina Commedia è fantastica ;)
Grazie mille per me è un piacere  :cuore: :cuore:
grazie di questo topic proprio in questo momento a italiano stiamo studiando l'inferno dantesco
Se hai bisogno chiedi pure ;)
che gran bel topic. Shaina mi "incanta" con il suo colpo segreto.
Ma grazie caro vedo che ho colpito nel segno :D :cuore:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: tisifone75 - 25 Novembre, 2009, 16:36:12 pm
Scusate per il post doppio:
aggiunto Canto VIII
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: cancerdeathmask87 - 25 Novembre, 2009, 16:45:33 pm
Bravissima Tisifone, splendido lavoro!!! :ok: :ok: :ok: :ok: :ok:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: tisifone75 - 02 Dicembre, 2009, 13:57:09 pm
Grazie mille davvero :cuore:
Dal momento che nel primo post non ci stavano più canti riporto in questo post i canti successivi e scriverò un indice dei post con i canti nel primo topic, oggi cominciamo con il IX Canto
IX Canto: VI Cerchio, Città di Dite, Eretici.
Questo Canto a detta dei critici ha una struttura teatrale in quanto vediamo i personaggi succedersi come si succedono diverse entrate sul palcoscenico. Vediamo Dante molto preoccupato per l'atteggiamento di Virigilio, la Ragione umana, che tituba di fronte al diniego dei demoni di far loro attraversare la città di Dite, per la prima volta infatti Virgilio tentenna e mostra una certa insicurezza:
«Pur a noi converrà vincer la punga»,
cominciò el, «se non...Tal ne s'offerse.
Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga!».
I' vidi ben sì com'ei ricoperse
lo cominciar con l'altro che poi venne,
che fur parole a le prime diverse;
ma nondimen paura il suo dir dienne,
perch'io traeva la parola tronca
forse a peggior sentenzia che non tenne.
A questo punto il sommo poeta chiede alla sua guida se mai sia scesa negli inferi più profondi:
«In questo fondo de la trista conca
discende mai alcun del primo grado,
che sol per pena ha la speranza cionca?».

Apprendiamo quindi da Virigilio che già una volta scese sino alla Giudecca per riportare in vita un'anima seguendo gli ordini della maga Eritione (vd. Pharsalia di Lucano) affinchè con i poteri di preveggenza tipici delle anime dell'oltretomba rivelasse a Pompeo l'esito della Battaglia di Farsalo. Sottolineamo che mentre la figura della maga Eritone è ripresa da Lucano, il fatto che Virgilio vada sotto suo ordine a prendere un'anima e riaccompagnarla fuori dall'inferno per tornare in vita è un invenzione dantesca dovuta principalmente al fatto di voler fare un parallelismo con la Sibilla Cumana che nell'Eneide accompagna negli inferi Enea e dichiara di esserci già stata e quindi di conoscerli.
Mentre Virgilio parla a Dante questi è colpito da un nuovo orribile spettacolo:
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però che l'occhio m'avea tutto tratto
ver' l'alta torre a la cima rovente,
dove in un punto furon dritte ratto
tre furie infernal di sangue tinte,
che membra feminine avieno e atto,
e con idre verdissime eran cinte;
serpentelli e ceraste avien per crine,
onde le fiere tempie erano avvinte.
E quei, che ben conobbe le meschine
de la regina de l'etterno pianto,
«Guarda», mi disse, «le feroci Erine.
Quest'è Megera dal sinistro canto;
quella che piange dal destro è Aletto;
Tesifón è nel mezzo»; e tacque a tanto.
Con l'unghie si fendea ciascuna il petto;
battiensi a palme, e gridavan sì alto,
ch'i' mi strinsi al poeta per sospetto.
«Vegna Medusa: sì 'l farem di smalto»,
dicevan tutte riguardando in giuso;
«mal non vengiammo in Teseo l'assalto».
Ecco la mia apparizione eh eh.
Scherzi a parte ora Dante vede sulla cima di una delle torri della città le tre furie infernali, le Erinni, che ne Pharsalia di Lucano abitavano presso il fiume Stige, le tre furie richiamano alla memoria le donne piangenti e straziate dei funerali dell'epoca dantesca e si avventano su Dante che terrorizzato si stringe alla sua guida che con le mani copre gli occhi del poeta raccomandandogli di non guardare.
Ci troviamo ora di fronte ad un altro appello al lettore di Dante che mira chiaramente ad indicare di comprendere l'allegoria dei versi successivi, tra l'altro da molti è anche considerato un appello a leggere l'intera divina commedia seondo il senso allegorico ed anagocico e non solo letterale:
O voi ch'avete li 'ntelletti sani,
mirate la dottrina che s'asconde
sotto 'l velame de li versi strani.
Tra le varie interpretazioni possiamo di allegoria di questo canto possiamo citare questa:
la ragione, Virgilio, non basta da sola ad affrontare i peccati commessi con volontà quali sono i peccati di violenza e fraudolenza, ricordiamo infatti che l'entrata alla città di Dite è ostacolata dalle tentazioni (i diavoli), dai rimorsi (le Erinni) e dalla disperazione che segue il rimorso e "pietrifica il cuore" (Medusa); la ragione può aiutare giusto nell'immediato (Virgilio copre gli occhi a Dante), ma è solo tramite la grazia divina (il Messo Celeste) che si può arrivare a una definitiva debellazione del peccato, ecco dunque come vengono descritti la sua apparizione e i suoi atti:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi48.tinypic.com%2F142eqzp.jpg&hash=b4fa47943cf0edcdb8ccea9db9ae0805b91f0b68)
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E già venia su per le torbide onde
un fracasso d'un suon, pien di spavento,
per cui tremavano amendue le sponde,
non altrimenti fatto che d'un vento
impetuoso per li avversi ardori,
che fier la selva e sanz'alcun rattento
li rami schianta, abbatte e porta fori;
dinanzi polveroso va superbo,
e fa fuggir le fiere e li pastori.
i occhi mi sciolse e disse: «Or drizza il nerbo
del viso su per quella schiuma antica
per indi ove quel fummo è più acerbo».
Come le rane innanzi a la nimica
biscia per l'acqua si dileguan tutte,
fin ch'a la terra ciascuna s'abbica,
vid'io più di mille anime distrutte
fuggir così dinanzi ad un ch'al passo
passava Stige con le piante asciutte.
Dal volto rimovea quell'aere grasso,
menando la sinistra innanzi spesso;
e sol di quell'angoscia parea lasso.
Ben m'accorsi ch'elli era da ciel messo
,
e volsimi al maestro; e quei fé segno
ch'i' stessi queto ed inchinassi ad esso.
Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
Venne a la porta, e con una verghetta
l'aperse, che non v'ebbe alcun ritegno.
«O cacciati del ciel, gente dispetta»,

cominciò elli in su l'orribil soglia,
«ond'esta oltracotanza in voi s'alletta?
Perché recalcitrate a quella voglia
a cui non puote il fin mai esser mozzo,
e che più volte v'ha cresciuta doglia?
Che giova ne le fata dar di cozzo?

Cerbero vostro, se ben vi ricorda,
ne porta ancor pelato il mento e 'l gozzo».
Poi si rivolse per la strada lorda,
e non fé motto a noi, ma fé sembiante
d'omo cui altra cura stringa e morda
che quella di colui che li è davante
;
e noi movemmo i piedi inver' la terra,
sicuri appresso le parole sante.
Il Messo Celeste si muove incurante di tutto, infastidito solo dai vapori, verso la porta della Città di Dite dove rimprovera sdegnosamente ed aspramente i diavoli e ricorda loro i segni che Cerbero ancora ha per essersi opposto alla discesa negli inferi di Eracle: è completamente inutile ribellarsi alla volontà divina. Egli non si cura nemmeno dei due poeti e dopo aver svolto la sua missione ritorna immediatamente da dove è venuto: la Grazia Divina è impersonale e agisce secondo la Volontà di Dio al quale vuole subito ritornare.
Pene e peccatori
Dante e Virgilio attraversano l'entrata e tutt'intorno come in un cimitero vedono tombe, tale visione non è poi così strana per l'uomo medievale, infatti i defunti all'epoca erano sepolti all'interno delle città, solo con l'epoca napoleonica ci fu il divieto di seppellire i defunti al centro delle città. Dai sepolcri senza coperchio avvampano fiamme:
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(https://saintseiyags.altervista.org/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fi47.tinypic.com%2F2s8fvrd.jpg&hash=470adc99bbdea6046396b8776725d3e65190dea9)
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ché tra gli avelli fiamme erano sparte,
per le quali eran sì del tutto accesi,
che ferro più non chiede verun'arte.
Tutti li lor coperchi eran sospesi,
e fuor n'uscivan sì duri lamenti,
che ben parean di miseri e d'offesi.
Dante quindi domanda a Virgilio quali peccatori sono qui puniti ed apprende che gli eretici, i fondatori di eresie (vedremo poi nel canto successivo che non ci sono solo loro nei sepolcri infuocati):
...«Qui son li eresiarche
con lor seguaci, d'ogne setta, e molto
più che non credi son le tombe carche.
Simile qui con simile è sepolto,
e i monimenti son più e men caldi».
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: MARADONAFAN - 02 Dicembre, 2009, 15:02:28 pm
meriti un'espansione!!! :sisi:
Titolo: Re: Inferno dantesco: struttura, decrizione, personaggi
Inserito da: Cristian di Gemini - 16 Ottobre, 2016, 17:51:15 pm
Ed infine uscimmo a riveder le stelle.