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Autore Topic: Contest Mitologico II Edizione! [racconto 3/5]  (Letto 1357 volte)

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Offline nfscarbon4

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Contest Mitologico II Edizione! [racconto 3/5]
« il: 09 Giugno, 2009, 20:16:02 pm »
RACCONTO N°3

Onore. Cosa rimane ad una persona quando perde questo? Ebbene non di uomini vi narro, non di gesta eroiche che riempiono le orecchie d’ideali, non di riti, non di strane prove per ottenere la gloria. Poiché l’onore è assai radicato dentro gli animi di ogni uomo o donna, non si può trovare o conquistare, lo si può solo perdere.
Voglio parlarvi dunque di una donna, una donna che in una notte perse la cosa più preziosa.
Vi narro di una donna ricca, potente e amata nell’antica Roma. Una donna che fedele rispettava il marito e che da questi era rispettata. Una donna diligente, laboriosa, dolce e amabile. Furono forse queste sue qualità a condannarla?
Vi racconto di una scommessa, di un uomo le cui brame furono la causa della perdita dell’onore di un’innocente fanciulla.
Il marito della donna di cui parlo, sicuro che non vi fosse donna più preziosa di lei, fece una scommessa con altri ricchi nobili: l’intento era quello di spiare le mogli di ognuno per constatare quanto queste fossero fedeli e diligenti.
La donna in questione quella sera tesseva, tesseva pacata mentre era in corso un banchetto. Qual figura poté risvegliare gli animi desiderosi se non quella?
Così accadde dunque; accadde che chi senza onore e scrupoli, alla vista di tali virtù, ne rimase affascinato d’un desiderio malvagio.
S’attuò quindi lo scellerato progetto. Poche notti più tardi colui che mi ripugna nominare tornò alla villa. Venne accolto, come consueto, con grande ospitalità dalla donna. Questa, nonostante l’assenza del marito, mostrò i più sentiti riguardi per l’ospite.
Questi tuttavia imbrattò l’atmosfera pacifica della casa mangiando alla tavola della donna, la insudiciò di cattiveria e di perversione sol respirando, insultò la donna sorridendo ai suoi occhi.
La donna ignara sorrideva disinvolta, era tranquilla poiché nulla si aspettava dal suo ospite. Come poteva d’altronde sospettare dell’uomo che aveva accanto? Quale uomo o bestia avrebbe goduto dell’ospitalità di una giovane matrona per poi approfittarne così spudoratamente?
No, nulla sospettavano gli occhi della donna. Nulla sospettavano gli altri presenti al banchetto di quella sera.
Aspettò, quella belva famelica, che tutti fossero fra le braccia di Morfeo. Era notte ormai, una sconcertante notte. Di quelle che nemmeno il chiarore della luna riesce ad illuminare, per le quali perfino il sole abbandona i suoi propositi di cancellare.
Cauto come una lince che sente già il sapore della sua preda fra le zanne, così quell’uomo si dirigeva verso le stanze della povera vittima.
Nessun pastore a difendere od a vegliare sulla piccola preda. Sola nel suo letto dorme beata, mai più così limpidi saranno i suoi sogni dopo questa notte.
Ormai pochi passi separano la belva dal suo scopo, pochi passi, ma lui spera che non si desti. La strana perversione che pretende di vederla ancora lì distesa e beata piuttosto che affondare nel terrore dei suoi occhi.
Non sarà concesso ciò all’infame. La fanciulla infatti sentendo il rumore dei passi si sveglia di soprassalto, afferra furiosamente le coperte per coprirsi dalla vista dell’ignobile figura davanti a se.
Questi subito si fiondò da lei e le tappò la bocca con forza, una strana espressione si fece largo sul suo volto, forse preso da lussuria o forse terrorizzato all’idea che le urla della giovane potessero mandare a monte i suoi piani ma, di certo, non si trattò di rimorso.
Inutilmente la giovane tentò di sfuggire alle spire della serpe, inutilmente cercò di implorare pietà, inutilmente fece in modo che le sue urla giungessero a qualche sconosciuto salvatore.
Ne furono consapevoli entrambi, belva e preda, ormai ogni sforzo sarebbe stato inutile.
Alle sue violazioni ella si oppose con forza comunque, tentò fino allo stremo delle forze di sfuggire alla sua rovina. Ci riuscì, finché qualcosa più scellerata di qualsiasi violenza le giunse alle orecchie.
La ricattò. Le mise in gioco la cosa più importante che avesse.
“Ascolta” le disse “sei una donna fedele, desideri che la tua reputazione come tale non venga macchiata”
Annuì pacatamente col capo con ormai le lacrime agli occhi.
“Concediti a me” continuò “altrimenti accanto al tuo corpo esanime porrò quello di un tuo schiavo morto, e tutti ti crederanno un adultera”
Nulla ferì mai la donna quanto quelle parole. Si conficcarono nella sua anima come spine avvelenate.
Il terrore di perdere ogni rispetto come donna si fece largo nel suo cuore.
Si concesse infine.
Con quanta crudeltà agisce un uomo? giunge fino a questo punto per bramosia? quale ben più infido animale arriverebbe a tanto?
Quella notte si consumò l’infamia.
La mattina seguente la donna ormai distrutta scrisse un messaggio al marito. Lo supplicò di raggiungerla perché non ebbe cuore di raccontargli l’accaduto per mezzo di una lettera.
Quando tornò l’uomo dalla sua sposa, con se vi erano anche i parenti più stretti della fanciulla.
Questa vedendoli corse dal marito e scoppiò in lacrime.
Lo sposo ignaro le chiese con dolcezza cosa fosse accaduto: “va tutto bene?” le chiese asciugandole le lacrime.
La donna smise di piangere, alzò il capo guardando il marito negli occhi mentre alcune lacrime ormai vecchie scendevano lungo il suo collo.
“Come può andare bene” rispose “a una donna il cui onore le è stato sottratto?”
Il marito spalancò gli occhi e una smorfia fra l’incredulo e il furioso si dipinse sul suo volto.
“Nel nostro letto, marito mio” continuò la donna “ un adultero ha violato il mio corpo”
Ormai le lacrime tornarono a rigarle il volto.
“tuttavia il mio cuore è ancora puro, abbiate riguardo di punire il mio aggressore”
Tutti i presenti si scambiarono opinioni sull’accaduto e tutti concordarono nel dirle che lei non aveva colpa e che avrebbero di certo punito l’adultero. Indignata lei riprese la parola.
“Giudicare l’adultero spetta a voi, io tuttavia nonostante mi assolviate dalle colpe non resterò impunita, e da oggi in poi, più nessuna donna, dopo il mio esempio, vivrà nel disonore!”
Detto questo prese il pugnale che nascondeva dietro la veste e si pugnalò al ventre. Si inflisse una ferita mortale. Tuttavia nessuna ferita poteva fare più male di quella che quell’uomo le aveva inflitto la sera precedente.
Il marito corse piangendo ad abbracciare il corpo esanime della moglie, tutti i familiari si buttarono a terra piangendo. Chiesero vendetta, vedetta che non ebbero mai. Si disperarono e pregarono per la loro amata, Lucrezia.

Fine.

Pandora

RACCONTO N°4 ---> LEGGI
« Ultima modifica: 16 Giugno, 2009, 22:09:41 pm da nfscarbon4 »
Una volta serbavo molto rancore per il mio destino. Però ora provo solo gratitudine!
In un attimo così breve della vita rispetto all’immensità del tempo, ho avuto la fortuna di incontrarvi.. fratelli!

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Contest Mitologico II Edizione! [racconto 3/5]
« il: 09 Giugno, 2009, 20:16:02 pm »