Saint Seiya GS - Il Forum della Terza Casa

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Topics - whitemushroom88

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FanFic / Saint Seiya: The Golden Age - by white&lis
« il: 30 Maggio, 2015, 21:25:09 pm »
Buonasera a tutti voi. E' da un pochino che non passavamo su questo forum per motivi vari ed eventuali, però io e Lis avevamo in mente un progetto di scrittura e desideravamo proporlo a tutti voi. Questa serie "Saint Seiya: The Golden Age" è una raccolta dedicata a TUTTI i Cavalieri d'Oro che io e Lis ci siamo amorevolmente divise. Non garantiamo una frequenza di aggiornamenti costante, ma il nostro obiettivo sarebbe arrivare a narrarli tutti. Le regole che ci siamo imposte solo le seguenti

- si escludono i Gold di Next Dimension: non perché non ci piacciano, ma perché l'opera non è completa e non vogliamo scrivere storie senza sapere il contesto. Quando Kurumada si degnerà di terminare la sua nuova serie allora faremo un aggiornamento e scriveremo anche su tutti loro.
- si può usare il contesto che si desidera. Per esempio a chi capita Sion può decidere se narrare o di Sion della serie classica, o di Sion in LC o di quello di ND. A chi capita Milo può scegliere se usare il Milo canonico o buttarsi sulla nuova "Mila".
- cercheremo di non sforare il rating arancione, ma si sa che i nostri buoni propositi durano poco.


Mi lancio io su questa storia mattonata


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Personaggio: Albafica
Serie: Saint Seiya - The Lost Canvas, comprensivo di Gaiden
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-Fic, Missing Moments
Rating: giallo
Avvertimenti: la canzone del testo è , la bellissima "Everytime you kissed me" di Yuki Kaijura


Roses die, the secret is inside the pain

Every time you kissed me
I trembled like a child
Gathering the roses
We sang for the hope
Your very voice is in my heartbeat
Sweeter than my dream
We were there, in everlasting bloom


Continuano ad esercitarsi, non si stancano mai. Il maestro e l’allievo scivolano uno contro l’altro, provano i pugni e li evitano, si fermano e caricano il loro Cosmo fino a far risuonare l’uno insieme all’altro fino alle stelle. Li osserva ogni giorno, imprime nella mente i loro movimenti dal tramonto all’alba; sono due forme splendenti oltre il suo roseto e la scalinata. Dovrebbe dedicarsi alla meditazione o agli allenamenti, ma non riesce ad ignorare quelle voci gentili che risuonano oltre la sua Casa. Ha già sentito quelle risate in un altro tempo.
Un altro maestro. Un altro apprendista.

Roses die,
The secret is inside the pain
Winds are high up on the hill
I cannot hear you
Come and hold me close
I'm shivering cold in the heart of rain
Darkness falls, I'm calling for the dawn


“Cambio di programma, Albafica!”
Quella mattina il maestro Lugonis non lo aspettava in piedi in mezzo al roseto, con la faccia accigliata di chi crede che il resto del mondo sia in ritardo. Era seduto su una pietra, intento a lucidare l’elmo della sua armatura d’oro. “Il nobile Ilias oggi mostrerà a tutti i giovani aspiranti Cavalieri d’Oro alcune delle sue tecniche migliori. Vai pure alla Casa del Leone, sono sicuro che vedrai qualcosa di molto istruttivo”.
“Ma voi dite sempre che non devo uscire dal giardino …”
“Il tuo sangue non è ancora così tossico” rispose lui, alzandosi in piedi. Le rose si mossero ad un suo comando ed aprirono un sentiero che conduceva alla Casa dell’Acquario. “Un giorno in compagnia degli altri apprendisti non ti farà male”.
La verità era che gli altri aspiranti cavalieri non gli interessavano affatto. Non aveva alcuna voglia di incontrare quell’italiano rumoroso che faceva a pugni con il primo che passava, men che mai quel ragazzo violento che aveva il cuore malato. Nemmeno il famoso Ilias lo attirava: era certo che il maestro Lugonis lo avrebbe sconfitto in un baleno, quindi non era necessario andare a vedere una sua esibizione. “Maestro, voi non venite?”
“Sai bene perché non posso …”
“Allora non vado nemmeno io”
Incrociò le braccia, non capendo perché l’uomo davanti a lui avesse assunto un’espressione divertita. “Dovrete portarmi di peso!”
Non si accorse in tempo di qualcuno che lo sollevò per i fianchi senza fare alcuno sforzo. Provò a tirare un calcio, ma l’unica cosa che ottenne fu una fitta al piede quando quello colpì l’armatura del maestro Krjest con al seguito il suo noioso apprendista. Il suo maestro gli mandò un sorriso, poi il roseto sbocciò una seconda volta e lo coprì alla sua vista.

Silver dishes for the memories,
For the days gone by
Singing for the promises
Tomorrow may bring
I harbor all the old affection
Roses are the past
Darkness falls, and summer will be gone


Non aveva idea del perché quella sera bruciasse così tanto. Era più di un anno che il maestro lo aveva iniziato al Legame Cremisi, ed il dolore pulsante che aveva infiammato i primi giorni si era trasformato in una lieve fitta. Ma forse si era distratto, forse il Cosmo dei Pesci aveva vacillato per un istante e quella sera si era sentito il corpo in fiamme, il veleno anche nel cervello; aveva rigettato tutto, probabilmente anche l’anima, ma il maestro Lugonis non aveva mai lasciato il suo fianco. Aveva intrecciato le proprie dita nelle sue fino a farle diventare livide, si era agitato fino a distruggere con un calcio il suo letto, eppure quella mano non aveva mai smesso di affondargli nei capelli, né i suoi occhi di riempirsi di lacrime. Quando anche la vista si era tinta di scarlatto era pronto a giurare di aver sentito delle labbra contro la sua fronte, furiose come se volessero strappargli di dosso tutto il dolore. In quel momento avrebbe preferito morire, perché credeva che la sua debolezza fosse la causa del dolore del suo maestro.

Joys of the daylight
Shadows of the starlight
Everything was sweet by your side.
Ruby tears have come to me, for your last words
I'm here just singing my song of woe
Waiting for you.


Un giorno aveva detto. “Io sono molto fortunato!”
“Come mai, Albafica?”
“Beh …” era un po’ che desiderava dirglielo, ma non sapeva come iniziare il discorso. Ma quel pomeriggio avevano finito presto di allenarsi, ed il maestro Lugonis era sempre di umore migliore quando passavano del tempo leggendo, canticchiando o semplicemente parlando del più e del meno. “Il maestro Krjest è sempre severo con Dégel. Io li vedo, anche quando Dégel innalza il suo Cosmo al massimo il maestro non gli fa nemmeno un complimento. Non lo abbraccia mai come invece fate voi. E mi hanno detto che tutti gli altri Cavalieri d’Oro sono come lui. Voi al contrario …” sorrise, sentendo tutta la forza che emanava la sua figura. “… siete severo, ma siete anche molto buono!”
“Non fraintendere, Albafica. Non penso di essere il maestro più buono del mondo …”
Avrebbe voluto dirgli che si sbagliava. Che non era affatto vero, che nessuno era così dolce e gentile, così potente e grande da sbaragliare con un soffio centinaia di Specter ed allo stesso tempo così buono da volere al proprio fianco un essere debole come lui. Stava per parlare, ma il maestro raccolse una rosa e gliela mise in mano.
“La verità è che gli altri Cavalieri hanno qualcosa che io non possiedo”
“E cosa?”
All’epoca Albafica non riuscì a capire la risposta. E forse fu la cosa migliore, perché in caso contrario molti avvenimenti sarebbero cambiati.
“… tutto il tempo del mondo”

Now let my happiness sing inside my dream...


Il maestro e l’apprendista hanno smesso i loro esercizi. Il Gran Sacerdote non ha nemmeno bisogno di riprendere fiato. Lui ed il giovane si avvicinano all’estremità del cortile e fissano il cielo con una mappa delle stelle in mano. Parlano di Presepe, l’apprendista ha qualche difficoltà nel distinguere Acubens in quell’ammasso chiaro che sembra una lacrima di Athena nel cielo scuro.
Il vecchio maestro lo rimprovera e brontola, ma in quegli anni non gli ha mai sentito alzare la voce anche se ne avrebbe avuto motivo. Il vecchio ed il nuovo Saint del Cancro si accorgono del tempo passato ed iniziano a congedarsi scambiandosi quelle che sembrano battute divertenti sull’atteggiamento troppo composto del severo Aspros o sulla noia mortale dei discorsi di Dégel.
Nella costellazione del Cancro il passato ed il futuro camminano fianco a fianco, sognando il tempo che verrà.
Nel suo giardino è rimasto invece un dolore nel petto che non se ne vuole andare e che preme come migliaia di spine quando l’uomo anziano preme la mano sulla spalla del più giovane. “Manigoldo, io e te abbiamo ancora molta strada da percorrere”.

Every time you kissed me
My heart was in such pain
Gathering the roses
We sang of the grief
Your very voice is in my heart beat
Sweeter than despair
We were there, in everlasting bloom


“Osservare spesso può farci solo male”.
Manigoldo è appena andato via, ma gli occhi del Grande Sacerdote sono fissi su di lui e sul roseto che fino a quell’istante era stato il suo nascondiglio. Quegli occhi verdi gli scivolano dentro l’anima. Esce dalla nube di petali e si inginocchia al suo cospetto, forse più per celarsi a quello sguardo che non per semplice riverenza. “Qualche volta è la solitudine a schiacciarci …”
“È il mio sentiero. Un Cavaliere dei Pesci è destinato a rimanere solo”.
“Allora rispondimi …”
La sua voce è bella come il vento. “Sei sempre stato solo in questa Casa?”
È ovvio che non è sempre stato solo. Ha avuto per tutti quegli anni il miglior maestro ed il miglior padre che avrebbe mai potuto chiedere, supplicare, anche solo sperare. Ha guardato il cielo anche lui sotto gli occhi di un uomo straordinario, si è allenato a lanciare le rose solo e soltanto per sentire una parola di assenso da quella voce ferma e potente. Vorrebbe dire questo ed altro all’uomo dalla tunica scura, ma quello gli poggia una mano sulla testa. “Un Cavaliere dei Pesci non è mai destinato ad essere solo. È destinato a conoscere la solitudine, a viverla ed a temerla. Solo conoscendola fino in fondo potrà offrire tutto se stesso al proprio successore, perché nessuno più di lui potrà capire quale forza possa nascondersi nell’amore incondizionato verso una piccola forma di vita che ci tende la mano”.
C’è un Cosmo caldo in lui, caldo come quello del suo maestro. “Non si può offrire la vita per qualcuno che non si ama”.
Lo spinge a rialzarsi, lo conforta con la mano. È uno di quei maestri che ha tutto il tempo del mondo, ma solo osservandolo così da vicino si rende conto che forse non è vero, che il tempo di quell’uomo anziano e dalla pelle solcata dalle rughe è debole ed effimero, sta volando via oltre le stelle e non tornerà. “Ho un’idea, perché la sera non ti alleni con me e Manigoldo?”

Underneath the stars
Shaded by the flowers
Kiss me in the summer day gloom,
You are all my pleasure, my hope and my song
I will be here dreaming in the past
Until you come
Until we close our eyes




N.d.W: mamma mia, è davvero un polpettone!!!!

2
FanFic / [Non Saint Seiya - Magi] Home
« il: 04 Ottobre, 2014, 13:07:48 pm »
Ciao a tutti! Era un po' di tempo che non riuscivo ad andare avanti in tutti i miei numerosi ed attuali progetti di scrittura perché in realtà avevo questa one-shot che mi stava ronzando nella testa da un pochino, dunque ho deciso di buttarla per inscritto in modo da poter ripartire con tutti gli arretrati. E' una one-shot senza alcun altro seguito, quindi niente di epocale come il mio progetto di FF IX. Detto questo vi lascio a tutto il resto. Avevo in mente qualche migliaio di titoli e mi è uscito solo questo, oltretutto orribile.

Rating: giallo
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments. Canon.
Fandom: Magi - The Labyrinth of Magic
Riassunto: Kougyoku sta per partire per Balbadd, alla volta di un futuro sposo di cui non conosce nemmeno il nome. Pensieri e paure di una ragazza in bilico tra l'essere una principessa ed una vera conquistatrice di dungeon.
Avvertenze: suppongo nessuna, a parte i nomi dei Ren che potrebbero essere il tema di uno scioglilingua. Forse Kouen mi è venuto anche troppo gentile, ma secondo me dietro la faccia di imperatore ha un lato molto più comprensivo e, a modo suo, onesto rispetto a Sindbad.

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Home

“Ma è fantastico, principessa, assolutamente fantastico!”
Koubun Ka erutta come il vulcano Fei-Tze, i suoi lapilli di gioia incendiano tutta la stanza mentre rovescia il contenuto degli armadi, dei cassetti, delle panche, tutto quello che riesce a trovare finisce sul mio letto tra i suoi gridolini isterici. “Era una vita che aspettavo … cioè, che aspettavamo questo momento, no?”
“Immagino … immagino di sì” mormoro, cercando di calmare il cuore che mi sta martellando in petto, che grida e strepita così forte che lo staranno sentendo a Balbadd, potente e chiaro come i tamburi che annunceranno il mio arrivo tra meno di tre giorni. Sempre che riescano a sentirlo sotto le urla di Koubun Ka, che è schizzato oltre la porta per ordinare qualcosa ad una guardia ed è ritornato alla carica alla mia destra. Ormai tutto il palazzo saprà della mia partenza.
“Mi dicono che il clima di Balbadd sia secchissimo ed inadeguato per la pelle, principessa! Ma non si preoccupi, raschierò tutte le creme dell’Impero prima della partenza. Se solo Sua Altezza mi avesse avvisato prima avrei ordinato ai sarti di prepararle qualche abito adatto, quindi mi raccomando, al minimo accenno di calore mi avvisi, per carità!”. Estrae un portagioie da chissà dove ed inizia a riempirlo di anelli, fermandosi di tanto in tanto per intonarli con i vestiti. Ho provato a spiegargli che possiedo soltanto dieci dita, ma questo non sembra un argomento valido, men che mai quando cerco di fargli notare che quei gioielli sono soltanto d’impaccio quando si deve impugnare una spada. Forse è anche per questo che ne sta portando più del necessario. “Il vestito nuziale, quello sì che è una tragedia! Non c’è tempo!”
Sospira sconsolato, come se la cinque pile di abiti alte fino al baldacchino non fossero sufficienti. “Ma stia tranquilla, il suo Koubun Ka penserà a tut-to! Cercherò qualche cavillo per ritardare le nozze di un giorno o due, così ci faremo mandare da casa un abito degno di una principessa di Kou! La farò scintillare, parola mia! E quando saremo lì ricordate: per quanto lei sia solo l’ottava principessa imperiale …”
“ … sono purtuttavia una principessa. Lo so.”
“Eccellente, questo è lo spirito giusto!”
Quante volte ho sentito questa cantilena?
Non lo so… davvero non lo so.
Fuori il clangore metallico si ferma, le spade smettono di danzare. La voce di Kouha arriva fin qui, energica come se avesse trascorso le ultime tre ore a poltrire e non ad allenarsi. Ormai non c’è nessuno in grado di tenergli testa con la spada.
Sporgermi alla finestra sarebbe una sciocchezza. Guardare in basso, respirare la sabbia del cortile, guardare Kouha … sarebbe tutto una sciocchezza. Tra tre giorni questo luogo non tornerà più. Koubun Ka sarà felice: i miei vestiti non saranno più laceri e sporchi, non dovrà più trascinarmi in bagno per rendermi presentabile.
Anche io ero in quel cortile meno di due ore fa. Kouha mi stava insegnando a fintare, impettito ed in punta di piedi per arrivare alla mia altezza, offeso perché dopo il decimo tentativo ancora non riuscivo a deflettere a terra il suo attacco. All’undicesimo ci sarei riuscita sicuramente, ma poi mio padre mi ha fatta chiamare. Anche se non credo di averlo ascoltato sul serio.
Forse è uno scherzo, o un mio sogno malsano. Dopotutto ieri sera al banchetto ho mangiato più di tre fette di torta, quindi forse è solo uno sciocco incubo, uno di quelli che riflettono le proprie preoccupazioni e ti sembrano così reali da farti piangere, proprio come sta succedendo a me in questo istante; perché immagino che stavolta aprire gli occhi non mi servirà a nulla.
Il ventaglio è a portata di mano, spalancato sul comodino. Non voglio che Koubun Ka mi veda in questo stato. Non voglio che nessuno mi guardi.
“Non riuscirò a caricare tutto su venti tappeti, non si alzeranno in volo nemmeno pregando! Devo as-so-lu-ta-men-te …”
Il suono della sua voce si perde. O forse dovrei dire si interrompe, svanisce in un flebile lamento al frusciare di vestiti alle mie spalle. Non ho bisogno di voltarmi: due persone in tutto l’impero sono in grado di fermare l’arte oratoria di Koubun Ka, e soltanto una di queste emana calore al proprio passaggio, riempiendo l’aria del proprio profumo. Il mio attendente balbetta qualcosa, e a giudicare dal rumore che mandano i suoi passi affrettati nel corridoio, la persona che ha appena messo piede nella stanza deve avergli regalato una delle sue occhiate che farebbero nascondere persino Judal.
Ed è qui per me.
Il ventaglio non è una protezione sufficiente, ma per quanto cerchi di ricacciare velocemente le lacrime da dove sono venute quelle non fanno altro che premere contro le ciglia, spingono e gridano di essere lasciate libere. Sono delle maledette traditrici, delle ipocrite, perché sanno che Kouen detesta vederci piangere ed invece non fanno altro che scivolare lungo le guance facendo a gara a raggiungere il pavimento. L’ultimo tentativo di fermarle si trasforma in un singhiozzo strozzato, che produrrebbe un suono increscioso se non fosse che qualcosa di caldo lo stronca, qualcosa di soffice e caldo che mi preme contro il viso. La stoffa bianca raccoglie il mio urlo di rabbia. Non voglio andarmene. Non voglio.
Mi stringe contro il suo petto senza dire nulla, cinque dita perse nei miei capelli, le stesse che hanno strappato il cuore al generale Ryosai alla notizia del suo tradimento; mi tiene a sé lasciandomi piangere e affondare dentro di lui. So che gli dispiace, so che odia la debolezza, ed è solo colpa mia se non riesco a fermarmi, a smettere, ad essere una vera principessa, una conquistatrice di dungeon, una regina, vorrei essere qualunque cosa e non una ragazza in lacrime. Vorrei che mi urlasse.
E non lo fa.
“Mi dispiace, Kougyoku”
Mi dispiace non è una parola che si sente spesso dalle sue labbra. E Kouen non è una persona da frasi di circostanza. Una mano mi strofina la guancia, strofinandomi l’angolo degli occhi dove ormai il perfetto trucco disegnato da Koubun Ka si sarà trasformato in un rivolo rosso, bianco e viola; quando accompagna i miei occhi verso l’alto, le sue iridi color sangue rivelano soltanto tristezza. “Mi dispiace non essere riuscito ad impedirlo”.
“Non è colpa tua” mormoro. Davvero pensa che …?
“Sì che lo è. Ho giurato che vi avrei protetto tutti”.
La sua mano libera si stringe in un pugno, che si rilassa solo quando lo prendo tra le mie. Il tendine del polso è rigido, come se tutte le fiamme di Astaroth fossero pronte ad incendiare la stanza, il palazzo, il mondo intero fino a raggiungere Balbadd. Kouen detesta perdere. Specie quando si tratta di noi. Quando si accorge di come le nostre mani sono intrecciate ritorna immediatamente serio, il Rubino Infuocato che conosco. “Usciamo di qui. Credo che dobbiamo entrambi schiarirci le idee”.

Il giardino è coperto da un tappeto di petali. Sono arrivati fin qui, sulle scale; a nessun servitore è permesso avvicinarsi a questo chiostro, e soltanto il vento di stanotte solleverà questa coltre rosa rispolverando il dedalo di vialetti che lo attraversa da un lato all’altro. Mancano ancora diverse ore al tramonto, ma il profumo dei ciliegi è già intenso, pungente e dolce allo stesso tempo, proprio come le carezze di un amante; l’unico segno di vita sono i corvi che si poggiano sullo scrittoio all’ombra della pagoda lungo il lato est del giardino, il santuario inviolabile di Koumei dove anche Kouen entra in rispettoso silenzio. Ma Koumei non c’è, e non verrà fino a domani. Non c’è nemmeno il suo calamaio ad attenderlo.
Da un’altra ala qualcuno canta. Forse è Jinjin.
Ci sediamo, appoggiandoci lentamente sui gradini di legno che collegano tutto il resto del palazzo a quel piccolo mondo congelato nella sua primavera; non mancano le panchine o i massi, ma Kouen preferisce questo posto, l’unico da cui riesce a dominare tutto il panorama fino all’angolo più remoto del canneto che protegge il laghetto come un muro di cinta. Da quel punto riesce a sporgere una mano oltre la ringhiera, affondandola tra i rami più bassi della magnolia imperiale; stacca un fiore dall’albero e me lo poggia in grembo.
Ho asciugato quasi tutte le lacrime. Le ultime che rimangono vengono stuzzicate dal vento che si sta alzando e che increspa lo specchio d’acqua; non c’è nessuno in questo angolo di paradiso. Soltanto noi.
Vorrei chiedergli tante cose. Vorrei parlare, ridere, rincorrerlo come facevo da bambina quando volevo fargli vedere quanto ero brava con gli ideogrammi, tirando il suo mantello finché non cedeva e veniva a riempirmi di complimenti e baci. Quando ancora sorrideva.
“Perché non Hakuei?” mormoro, quasi stupita di quale sia la domanda con cui ho interrotto quella strana sensazione di pace. “Dopotutto è la prima principessa, mandassero lei a …”
“Sai benissimo perché tua cugina non può andare a Balbadd, Kougyoku” risponde. I suoi occhi sono fissi sulla gigantesca magnolia che mi ha regalato, ipnotizzati dai petali candidi in cui le mani sprofondano, perdendo lentamente la furia che le aveva possedute qualche minuto prima. La superficie liscia dei petali si corruga appena al suo tocco caldo, ma resta perfetta come il giorno in cui è sbocciata. “Hakuei è stata promessa sin dal giorno dell’incidente. Se Hakuyuu fosse ancora il primo principe le cose sarebbero molto diverse …”
“Ma non lo sono”.
“Già”.
Ho imparato a nuotare in quel laghetto. Era difficile, l’acqua era sempre fredda, ma Hakuyuu e Hakuren tendevano le braccia verso di me e le afferravo, e quando riuscivo a raggiungerli uno di loro nuotava fino a riva e staccava una ninfea per regalarmi una corona. Hakuyuu e Kouen non facevano altro che gareggiare per le cose più stupide, e persino Koumei lasciava i libri per qualche ora. Il sole aveva un altro colore. Le ancelle dicevano che se fossi diventata bellissima avrei potuto sposare Hakuren.
Sulla superficie di quel lago adesso ci sono soltanto i petali.
C’erano anche il giorno dell’incidente, quando Kouen strinse al petto Hakuei e Hakuryuu per tutta la notte su quelle scale, il viso del mio cuginetto sfregiato per sempre. Koumei aveva portato me e Kouha a letto cercando di mostrarsi forte, di dirci che andava tutto bene, ma quando chiesi dov’erano i nostri cugini maggiori esplose in lacrime senza nemmeno sforzarsi di nascondersi dietro al suo ventaglio nero. I giorni successivi rimanemmo tutti in quel chiostro cercando di scacciare la paura, di fingere che nulla fosse successo, di scappare a coloro che si congratulavano con noi per essere la nuova famiglia imperiale; il nostro mondo si stava riempiendo di gente, e forse fu in quel momento che Kouen divenne davvero Entei fatto carne.
“Come immagini il tuo futuro marito?”
Le sue parole tornano come una doccia d’acqua gelida, sollevando quella fitta nel petto che stavo cercando di annegare sotto la fioritura dei ciliegi, fingendo di ignorare il fatto che tutto il tramestio fuori da questo piccolo regno stia aspettando proprio me. Me e quell’uomo sconosciuto lontano da qui, di cui nessuno sembra sapere nulla a parte che con questo matrimonio diventerà una pedina nelle mani dell’impero; il banchiere di corte non fa che sogghignare, ed il fatto che Kouen non lo abbia mai incontrato di persona basta a rendersi conto della considerazione in cui è tenuto. So benissimo che Kouha lo considera solo un povero idiota, ma che io sappia nessun essere umano è in grado di sfuggire alle trappole della banca di Kou e ai piani di conquista della nostra famiglia. “Sai … forse sarò una sciocca, ma …”
Improvvisamente vorrei non dire nulla, perché non … “Parla”.
“Io … mi accontenterei se fosse … se fosse bello. E anche gentile”.
“Ci mancherebbe altro che non sia gentile!” replica lui, con un tono quasi divertito. “In caso contrario potremmo sempre chiuderlo una giornata negli archivi con Koumei a riordinare i suoi preziosissimi libri contabili. Non mi viene in mente una punizione peggiore!”
È sempre bello quando ride, quando cerca di riportare indietro le lancette del tempo. Una cosa che nessuno può fare a meno di tentare, anche solo per qualche istante, come a ricordarsi dei colori del cielo, dell’acqua e dei fiori, delle risate che adesso non sono altro che campanelli d’argento in questo giardino vuoto.
Poi mi prende la mano, costringendomi a guardarlo negli occhi che ritornano immediatamente seri. “Ricordati una cosa: tu non sei solo l’ottava principessa imperiale. Sei la padrona di Vinea e la prescelta di un Magi. E per quanti abiti eleganti Koubun Ka ti metterà addosso ricordati che sei una candidata regina ed una guerriera. Fai in modo che chiunque ti sposi abbia ben chiaro questo concetto e ti tratti con il rispetto e l’obbedienza che meriti. In caso contrario …” la sua voce si riduce ad un sussurro infuocato mentre avvicina le labbra al mio orecchio “… ho mai avuto bisogno di un pretesto per dare alle fiamme una nazione o due?”
Non posso ignorare il fuoco liquido che corre lungo la mia schiena mentre mi abbraccia, le fiamme di Astaroth e l’acqua di Vinea, una stretta così forte che suona come un addio che nessuno dei due ha la forza di pronunciare; una dolcezza che credevo fosse svanita per sempre, incenerita da tutto ciò che abbiamo dovuto affrontare. “Quando sarò imperatore le cose cambieranno, te lo prometto. La nostra famiglia tornerà unita come un tempo, e non esisteranno altre nazioni con cui allearci o da temere. Fino a quel momento … non dimenticare mai chi sei, Kougyoku”.
Certo che non lo dimenticherò. Perché voglio tornare.
Voglio tornare a vedere i ciliegi in fiore, a nuotare e giocare. Ad ascoltare le poesie di Koumei fino ad addormentarmi, a farmi insultare da Kouha perché la mia tecnica di spada non migliora mai. A mangiare le prelibatezze di Hakuryuu e a discutere di ragazzi con Hakuei dopo una festa danzante. Voglio tornare a combattere in un dungeon, il vento nei capelli e la spada alzata, con il vessillo dell’impero in mano.
Quanto vorrei che tu fossi già imperatore, fratello mio.
Quanto vorrei poter sposare te.


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3
Console & Videogiochi / Baldur's Gate
« il: 29 Luglio, 2013, 13:43:13 pm »
Buongiorno. Stavo rigiocando ad un videogioco per pc chiamato Baldur's Gate. Questo gioco (ed il suo bellissimo Seguito, Baldur's Gate II: Shadows of Amn) hanno segnato la mi adolescenza e credo che siano ancora adesso i migliori rpg games mai usciti nell'ambito. Sono giochi potenzialmente infiniti, con una bella trama principale ed innumerevoli missioni secondarie che si svolgono nel mondo fantasy dell'Amn: il sistema di combattimento segue fedelmente il sistema Dungeons & Dragons versione 2, è divertente sia per videogiocatori esperti che non, con possibilità di avere una squadra contenente fino a 6 personaggi con infinite possibilità di dialoghi ed evoluzioni.
Di recente del primo gioco è uscita una Enanced Edition, con nuovi personaggi ed ambientazioni, nonché con miglioramenti dal punto di vista del motore!

Qualcuno di voi ci ha mai giocato?

4
FanFic / [non saint seiya] Non un Jenoma
« il: 13 Luglio, 2013, 16:07:50 pm »
Fanfiction dedicata a due personaggi del videogioco FF IX. volendo si può leggere anche senza conoscere il gioco, che comunque consiglio a tutti.

Rating: giallo
Genere: boh, credo introspettivo / fantasy, one shot. Canon.
Riassunto: Garland cerca in tutti i modi di creare ed educare un angelo della morte, la creatura che ghermirà le anime degli abitanti di Gaya per far risorgere il perduto pianeta di Tera. Avviso: spoiler di trama vaganti qui e lì.

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Non un Jenoma

Il sangue continuava a scorrere. Si fece coraggio, respirò a fondo e piantò di nuovo il coltello nella carne, stringendo i denti nel momento in cui la scarica di dolore attraversò il suo corpo. Affondò la lama con tutta la violenza che le sue dita conoscevano, immaginando di piantarla nel collo di Garland.
Ma niente. La maledetta non voleva saperne di venir via.
Scagliò l’inutile arma contro le invisibili pareti della sua prigione, ed il coltello esplose in decine di schegge. Si rannicchiò sul pavimento, aspettando che passasse il dolore per fare un altro tentativo; le prime volte il freddo del marmo gli aveva regalato un po’ di sollievo, ma in quel momento l’unica cosa che sentiva era il pulsare del suo sangue lungo tutta l’odiosa appendice.
La prima volta aveva tentato di sbarazzarsi della coda con una sfera infuocata: aveva creato il globo scarlatto sul palmo della mano e l’aveva stretto intorno ad essa, aveva sopportato il dolore finché non aveva perso conoscenza. Al suo risveglio la maledetta era ancora lì, con solo qualche pelo bruciacchiato. La seconda volta aveva cercato di estirparla con le mani, strappandola proprio nel punto in cui la peluria argentea si univa alla carne; aveva usato tutta la forza della sua natura jenoma, la stessa che gli permetteva di spezzare il ferro delle spade e sradicare gli alberi, ma dopo una notte intera aveva desistito. La terza e la quarta volta … non le ricordava già più. E nemmeno la quinta. O la sesta. Sapeva solo di aver fallito più volte di quelle che si era concesso.
Fa male.
Aveva lasciato il coltello per ultimo. Detestava la vista del sangue, del suo sangue. Aveva un odore orribile, la semplice idea che quel fluido disgustoso si nascondesse sotto la sua pelle candida lo disturbava. Si era impossessato dell’arma proprio quella mattina, durante l’ennesima lezione di Garland; quando il vecchio aveva ripreso a blaterare sull’importanza del flusso delle anime che legavano Tera a Gaya, lui aveva fatto scivolare il coltello sotto i vestiti ed aveva aspettato, paziente, che la lezione terminasse e che l’uomo lo riaccompagnasse nella sua prigione. Avrebbe voluto piantarlo lì, nella gola bianca ed incartapecorita, dire al vecchio cosa ne pensava davvero di tutte quelle chiacchiere, ma non era uno stupido. Non poteva uccidere Garland. O almeno, non così. Non in quel momento. Non in quella forma.
Il sangue non accennava a fermarsi. La lama era penetrata solo per un po’, ma per quanto l’avesse spinta vi era qualcosa dentro la coda che l’aveva bloccata, lasciando solo i vasi tagliati e l’odioso fluido rosso che gli era sceso tra le dita, lungo i vestiti e fin dentro gli stivali, appiccicandogli i capelli al viso. La sola vista gli faceva venire il voltastomaco. Rassegnato, fece per lanciare un incantesimo di guarigione quando la porta della stanza si aprì di scatto, ed una sottile lama di luce bianca fendette la semioscurità in cui si era rifugiato. Il suono, il ritmo di quei passi era inconfondibile. La figura avvolta nel mantello nero lo scrutò con il suo solito sguardo severo; poteva leggere rimprovero, ira, disgusto in quegli occhi incorniciati da rughe profonde. Non vi aveva mai letto né pietà né amore.
“Mi sembrava di averti detto più volte di smetterla con questa idiozia” disse Garland. “Quella coda rappresenta tutto quello che sei. È l’inconfondibile marchio della superiorità dei Jenoma, un quinto arto dalle potenzialità incredibili che nessuna delle striscianti razze di Gaya possiede. È tutto quello che sei, Kuja”.
Odiava quel discorso. “Chi sono lo decido io”.
“Davvero?”. Odiava quello sguardo derisorio. “E cosa vorresti essere? Sentiamo!”
Vorrei saperlo anche io … deglutì, sostenendo lo sguardo del suo creatore. Aveva provato a spiegarglielo innumerevoli volte, ed il dialogo terminava sempre così, con la sua bocca secca, i denti che tormentavano le labbra nella furia e l’innegabile sguardo di vittoria di Garland. Come poteva spiegargli quello che sentiva? Come poteva spiegargli il nodo allo stomaco che provava nel vedere i suoi fratelli nelle capsule di alimentazione, centinaia di creature tutte uguali che galleggiavano nei fluidi proteici, schedati, controllati e maturati dalle macchine di Tera? Come pretendeva che si sentisse come loro, pietosi contenitori dallo sguardo vuoto, che passavano le giornate nell’inerzia, in attesa che quei perfetti corpi ospitassero delle anime non loro? Adorava leggere libri, ma non aveva mai trovato un modo per descrivere quello che gli si agitava nel petto.
Garland lo fissò. Tra loro due vi era la sottile barriera magica che il vecchio ergeva intorno a lui ogni notte, per impedirgli di fuggire. Mosse la mano, e Kuja sentì la magia dell’uomo avvolgerlo, tirarlo, sospingerlo a pochi passi da lui fino a quando non furono a meno di un braccio l’uno dall’altro, separati dallo scudo incantato. “Vorrei sapere quante volte devo ripeterlo. Tu sei ciò che io ho creato. Tu sei ciò di cui tutta Tera ha bisogno, e se pensi, desideri, sogni, odi, ami, è solo perché io ti ho dato un’anima”.
“Cosa c’è, vuoi sentirti dire grazie? Perché non te lo fai dire dalle tue altre marionette?”.
“Risposta sbagliata”.
Mosse la mano e lo scaraventò contro la barriera. Kuja richiamò intorno a sé qualche incantesimo di difesa, ma la sua magia fu avvolta, compressa e poi schiantata da quella del vecchio. L’aria satura di magia si strinse intorno al suo corpo, premendogli contro il petto; una scarica partì dai polmoni e lo attraversò fino alla punta della coda , e quando provò a gridare si accorse di avere la gola, la bocca ed il naso pieni di sangue. La magia gli pulsò nel cervello, urlare o prendere aria era impossibile. Cercò di richiamare un incantesimo una seconda volta, ma una forza invisibile gli controllava i polsi e gli torceva le dita in modo innaturale. “Pensavo che darti un aspetto diverso dagli altri Jenoma sarebbe stato utile per farti comprendere l’importanza del tuo compito. Ma evidentemente ho commesso un errore di valutazione”. Le parole di Garland sembravano provenire direttamente dal suo cervello. “Questo tuo bisogno di indipendenza deve essere … eradicato”.
Fu come se una mano invisibile gli stesse stringendo il cuore, poi lo rilasciasse, poi lo stringesse di nuovo; sputò altro sangue, ma la sua bocca ne fu di nuovo inondata. Gli occhi pulsavano al ritmo forsennato del cuore, e per quanto li chiudesse gli sembrava che potessero schizzargli fuori dalle orbite da un momento all’altro. Agitò persino la coda come flebile difesa, ma le mani invisibili di Garland la torsero proprio nel punto in cui si era ferito. Proprio quando era certo di star soffocando, la presa dell’incantesimo terminò e si ritrovò scaraventato sul pavimento, con la fredda cupola nera del soffitto che lo osservava e riempiva tutto il suo sguardo.
“Ricominciamo. Chi sono io?”.
“Garland” mormorò. Odiava il nuovo suono della sua voce. Sembrava lo squittio di un topo.
“Cosa sei tu?”.
“Kuja” rispose. Non aveva ancora finito di pronunciare il suo nome che la stretta tornò a serragli il petto.
“Forse non hai sentito bene. Riproviamo. Cosa sei tu?”.
Provò ad inghiottire il sangue, ma la pressione sullo sterno glielo ricacciò su per la gola. Biascicò le parole pur di non soffocare. “L’angelo della morte di Tera … Il mietitore di anime di Gaya …” gemette, ma la pressione non se ne andò. La risposta non era completa.
Trattenne la parola quanto più possibile, ma quella gli sfuggì dalle labbra. “ … un Jenoma …”
“Molto bene. Può andare”. L’incantesimo se ne andò, e Kuja scoprì di essere affamato d’aria. Rimase per terra ad ansimare, prendere l’aria, sentirne la freschezza dentro il petto; non trovava la forza di muovere le mani, i piedi o la coda, ma anche quella dolorosa sensazione di impotenza era meglio della punizione. La punizione.
L’uomo dal mantello nero gli diede le spalle e si diresse verso la porta. “Tu sai che sono dalla parte della vita, e che preferisco usare la violenza solo quando è l'unica soluzione. Ma il tuo comportamento illogico ti sta spingendo oltre il limite che ti è consentito”. Lo disse con il suo solito tono neutro ed assente, e gli lanciò un’ultima occhiata. “Un altro gesto del genere e mi costringerai a creare qualcuno che ti sostituisca. Per sempre”.
Ipocrita … come se non lo avessi già visto … Il suo sostituto esisteva già, e di sicuro sarebbe stato pronto al massimo tra qualche settimana. Lo aveva scoperto tre giorni prima, aggirandosi tra i laboratori dei Jenoma, che lo facevano passare ovunque, avvolti nel nulla che ovattava le loro coscienze. Galleggiava nella sua vasca nutrizionale, il corpo quasi formato e la coda gialla che si muoveva seguendo la lieve corrente. Garland doveva temere davvero tanto la sua indipendenza, perché questo secondo angelo della morte era identico a tutti gli altri Jenoma, con i corti capelli biondi e gli occhi azzurri, ancora inespressivi. Era rimasto ad osservare per una decina di minuti la creatura che lo avrebbe sostituito, pur sapendo che se il vecchio lo avesse scoperto la punizione sarebbe stata ancora più dolorosa del solito. Si era domandato cosa farne. Il fatto che quel suo fratello fosse lì, in attesa di essere completato, era la prova schiacciante che Garland aveva già progettato di distruggerlo, cancellarlo e sostituirlo con qualcuno di più docile, un Jenoma che avrebbe agitato felice la coda al suo passaggio. Ma non aveva provato odio. Non troppo, almeno.
Garland chiuse la porta, regalandogli di nuovo la semioscurità. I suoi passi metallici, cadenzati alla perfezione, si spensero lentamente.
Kuja lanciò su di sé un incantesimo di guarigione, ed il dolore molto lentamente si attutì.
Non sapeva cosa voleva essere. Le possibilità gli sfuggivano davanti agli occhi e gli mostravano dei quadri mutevoli che svanivano come la nebbia dell’albero di Iifa; scene che andavano e venivano, ricche di colori e di futuri tutti improbabili, accompagnati dal canto di passeri e cigni. Uno grande disegno che il suo creatore non avrebbe mai potuto capire. Si chiese per un attimo se il suo sostituto avrebbe mai provato la stessa cosa, se l’anima che Garland gli avrebbe messo nel petto si sarebbe mossa come la sua, alla ricerca di qualcosa che non sapeva nemmeno definire. Si chiese se avrebbe mai guardato Gaya dall’alto, beandosi della sua onnipotenza. Se avrebbe mai sentito la magia pulsargli nelle vene e sospingerlo nel cielo, fin sopra le nubi.
No.
Si mise seduto a fatica. Osservò i vestiti imbrattati di rosso e la coda argentata che riposava al suo fianco.
Non voglio essere sostituito. Non voglio morire.
Non poteva dargliela vinta a Garland. Non voleva. Non aveva alcuna intenzione di lasciare che quel cupo vecchio decidesse quando e come far terminare la sua vita. Aveva centinaia di bambole con cui giocare ad essere il Destino: lui non sarebbe stato una di quelle. Forse non sapeva ancora cosa sarebbe voluto diventare, ma di una cosa ne era sicuro. Non un Jenoma.
Come vuoi tu, vecchio. Sarò il migliore angelo della morte che tu abbia mai visto. E terrò anche questa maledetta coda, visto che insisti tanto. Si asciugò il viso con la mano, e guardò i rivoli di sangue rosso che scivolavano lungo la pelle bianca. E aspetterò con ansia il giorno di stringerla intorno al tuo collo …

Quella notte fece il suo primo sogno. Un stormo di draghi d’argento.

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Spero vi sia piaciuta!

5
Assistenza / Ritrovare una discussione
« il: 30 Maggio, 2013, 22:42:15 pm »
Salve. Stavo cercando nel forum una vecchia discussione che era aperta proprio nei primi periodo in cui frequentavo il forum, ovvero quella in cui si assegnava un voto ai vari personaggi di Lost Canvas e si stilava una classifica. Volevo chiedere se qualcuno poteva passarmi il link a quella discussione (non ricordo dove sia) e se posso aggiungere i miei voti alla lista visto che sono andata avanti nella lettura del manga e vorrei dire la mia su alcuni personaggi. Grazie in anticipo a tutti.

6
Attualità / Rielezione di Napolitano
« il: 20 Aprile, 2013, 20:26:50 pm »
Salve ragazzi! Volevo aprire questo topic (non so se fosse già presente da qualche parte, in quel caso chiedo gentilmente ai mod di cancellare la discussione) per sapere cosa ne pensate della freschissima notizia della rielezione di Napolitano come presidente della Repubblica. A voi la parola!

7
FanFic / [Vari Kingdom-Hearts] La Terza Replica
« il: 06 Aprile, 2013, 11:10:52 am »
Salve a tutti! Tra i miei tanti interessi non vi è soltanto Saint Seiya, ma anche vari anime / manga / videogiochi. Con il permesso del nostro moderatore fish ho deciso di postare una mia fanfiction a tema Kingdom Hearts che scrissi un annetto fa per un contest in un altro forum. L'argomento del contest era parlare di una Terza Replica, e di farlo in cinque capitoli da pubblicare a cadenza mensile; considerato il periodo di scrittura, questa storia non tiene conto degli avvenimenti di KH3D, ma ne sono abbastanza orgogliosa perché credo di essere riuscita a collegare diversi particolari della trama in maniera da creare una fanfic potenzialmente Canon (sempre considerato che l'ho scritta prima di KH3D)

Rating: Giallo


Capitolo 1: Isa

Devi occupartene tu.

Da quanto tempo il Superiore non lo mandava personalmente in missione?
Fino a qualche mese prima erano stati tredici, tredici gusci vuoti al servizio di Kingdom Hearts, spinti dall’unico desiderio che potevano permettersi il lusso di avere. Un cuore.
Adesso molti di quei gusci vuoti erano spariti, consegnati al Nulla al quale appartenevano. Di qualcuno si erano perse le tracce.
Saïx continuava a fissare quella pianura sconfinata, tinta di azzurro e viola dal bizzarro tramonto di quel mondo; pensare è una delle cose che i Nessuno facevano meglio, ed era quello che permetteva loro di occupare le ore di attesa, sostituendo quel terribile sentimento umano che era la noia.
Erano quasi cinque giorni che inseguiva la Replica. Giorni passati vagando nei mondi di mezzo, attraversando i portali d’Oscurità, ascoltando i brusii sommessi dei Nessuno di rango inferiore. Giorni di sterile attesa, di viaggio, cercando di anticipare i suoi pensieri e metterla con le spalle al muro; era stato paziente e si era trattenuto, aveva fatto accerchiare la Replica in modo che non avesse scampo.
I diari di Vexen erano stati piuttosto chiari sull'argomento:contro ogni ragionevole previsione, le Repliche potevano cedere, ribellarsi, sfuggire al controllo; prendevano decisioni autonome che potevano condurre persino al loro annientamento. Si mettevano in testa sogni di amore, amicizia, giustizia e diventavano assolutamente inutilizzabili.
Ed anche questa Replica aveva seguito lo stesso processo involutivo. Era da tempo che Saïx lo osservava, lo studiava, valutava attentamente i suoi gesti e le parole; e la sua natura di Replica si era fatta sentire, abbattendo di colpo anni di impersonale silenzio, di gesti vuoti. Le sue parole si erano riempite di idee e sogni.
Se fosse stato umano, Saïx avrebbe provato invidia per lui, per i suoi sentimenti e la gioia manifesta, che nemmeno una tunica dell’Organizzazione era servita ad annullare. Ma non lo era: e, considerata la perdita del n. XIII, iniziava a sospettare che non lo sarebbe tornato più, o almeno questa sarebbe stata la sua fine se avesse continuato a chinare la testa al Superiore.
L’averlo mandato dietro a quella Replica era stata forse l’idea più intelligente e sensata che avesse mai sentito pronunciare dalla bocca del suo capo.
L’odore della preda era nell’aria, avvolta dal gelo dei portali dell’Oscurità; spariva e riappariva, si trasportava per tutto quel mondo apparentemente a caso, perché sapeva che l’Organizzazione lo avrebbe fatto cercare e che il Superiore non accettava che qualcuno sfuggisse dalle sue grinfie. La Replica aveva paura, poteva persino immaginarsi di sentire il suo cuore pulsare nella disperata ricerca di una via di fuga; solo e senza amici, assolutamente senza più controllo, la Replica sbandava in ogni angolo di quel mondo lontano. Le Repliche potevano anche avere un cuore, ma quello giocava a loro svantaggio, nelle situazioni di pericolo come quella smettevano di agire in modo razionale e si lasciavano sopraffare dal panico. Ma nemmeno quella considerazione riusciva a levare al numero VII dell’Organizzazione la sensazione che vi fosse qualche falla nel proprio ragionamento.
La brezza si alzò, portando con sé l’odore della preda tanto attesa. Saïx abbandonò la sua postazione, scivolando verso il centro della spianata, in paziente attesa. Presto quel terreno si sarebbe coperto di sangue di esseri umani, e gli Heartless avrebbero banchettato con l’Oscurità annidata nei loro petti. E la Replica avrebbe smesso di occupare così troppo spesso i suoi pensieri.

Non era stato molto difficile aggirare il Reale Esercito di Radiant Garden, nemmeno con una persona rumorosa come Lea al seguito. Il piano era stato semplice ma efficace: il suo amico, sempre più lesto di mano che di cervello, aveva borseggiato quel ricco papero miliardario che da giorni si aggirava davanti al palazzo chiedendo un’ udienza con il re. E, cosa strana, sua maestà Ansem il Saggio non gliela aveva ancora concessa.
Quello aveva iniziato a starnazzare proprio come una papera ed il Reale Esercito ( composto da sole tre guardie con un ridicolo cuore disegnato sulla divisa ) erano accorse, lasciando loro il tempo di sbucare fuori dai cespugli, oltrepassare il portone ed entrare.
“E con questi potremmo campare di gelati per i prossimi dieci anni!” fece Lea soddisfatto, mostrando i soldi appena usciti dal cappello a cilindro come fossero un trofeo “O forse potrebbero uscirne un bel paio di skateboard. Hai visto quanto è bello il nuovo modello nel negozio del signor Highwind?”
“Lea, se non vogliamo finire scaraventati fuori dal palazzo come l’ultima volta ti conviene chiudere quella bocca a ciabatta che ti ritrovi”
“Io non ho la bocca a ciabatta! E comunque non mi hai ancora detto cosa ti ci comprerai con……”
“TACI!”
Se lo trascinò dietro una colonna, appiattendosi contro il muro al suono dei passi in arrivo; le tre guardie dovevano essersi stancate di dar retta al vecchio papero ed erano rientrate. Quello più alto passò terribilmente vicino al loro nascondiglio “Per quanto tempo potremmo andare avanti? E’ solo una settimana che è scomparso e già in giro si mormora: quanto ci metterà la gente ad accorgersi che non c’è più nessun Re Ansem nel palazzo?”
Lui e Lea si guardarono, sempre più stretti uno all’altro. Che cosa stavano insinuando quei tre?
Provò a sbirciare oltre, seguendo con lo sguardo gli uomini vestiti di viola che stavano per allontanarsi nel corridoio; quello più basso, con un occhio solo, sembrava più rilassato dei suoi compagni, li precedeva di una decina di passi ed aveva stampato sulla faccia un sorriso che poteva mettere i brividi “Ragazzi, Even e Xehanort mi hanno assicurato che entro stasera avranno ultimato tutte le correzioni: l’esperimento del secolo avrà finalmente inizio!”
Esperimento?
Ora che i tre erano più fuori campo, Lea sgusciò fuori dalla colonna, allungando bene la testa per saperne di più.
Avevano messo le mani su qualcosa di DAVVERO grosso.
“E poi?” fece il terzo soldato, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
“Poi cosa, Dilan?”
“Poi…… insomma, quando avremo finito…… Come spiegheremo alla gente che il Re non c’è più?”
“Ah, tu ti preoccupi troppo!” si erano fermati, e Isa dovette spingere di nuovo Lea all’indietro, o il soldato che brandiva la lancia li avrebbe notati “Xehanort ha detto che penserà a tutto lui”
“E tu ti fidi?”
“Che fai, ti stai ritirando? Perché in caso non te ne fossi accorto è un po’ tardi per ripensarci……”
Più ascoltava quel discorso e più le cose non gli quadravano, e lesse la stessa preoccupazione negli occhi verdi di Lea. Se quello che dicevano quegli uomini era tutto vero forse avrebbero dovuto fare qualcosa di più che intrufolarsi nel palazzo reale solo per mostrare a Squall e Cloud che erano molto più audaci di loro. Dovevano avvertire tutta Radiant Garden del pericolo che correva, del complotto che probabilmente era già in moto da almeno una settimana.
Il più alto delle guardie riprese a camminare per il corridoio, una presenza granitica in quei corridoi che sembravano sempre più freddi e inospitali “Lo sappiamo tutti che è tardi per ritirarsi, Braig. Ma non è tardi abbastanza per tenere sempre gli occhi aperti. Ricordati che siamo guardie, non scienziati”
“E con questa cosa vorresti dire?”
Ma i due amici non riuscirono a sentire più molto altro: i tre soldati entrarono in un ascensore, e sparirono verso i piani inferiori del palazzo lasciandoli da soli. Per qualche secondo Isa si limitò a guardare il suo amico, cercando una risposta a quello strano dialogo nei suoi occhi, senza leggervi altro che una profonda preoccupazione.
“Isa, e ora cosa facciamo?”
Già, le idee doveva farsele venire lui. Per quanto Lea fosse il suo migliore amico, la sua autonomia decisionale si avvicinava allo zero dalla parte dei numeri negativi; in momenti come quelli, quando c’era davvero un problema, la sua tracotanza ed il suo comportamento spaccone andavano in pezzi come uno specchio. Ma Isa gli voleva bene anche per quello. E sapeva bene che quello era il SUO momento, doveva fare la cosa che gli riusciva meglio, prendere una decisione immediata, ragionando.
“Non possiamo andarcene ora. Se vogliamo raccontare quello che è successo qui dobbiamo saperne di più, e non basterà dire ai quattro venti di aver origliato una discussione delle guardie di palazzo”
“Intendi…… assistere a questo esperimento?”
Il suo tono di voce era quasi irriconoscibile, un sussurro reso ancora più evanescente dalla paura. Lea era trasparente come uno specchio, i suoi sentimenti poteva leggerli chiunque; Isa invece preferiva nasconderli, lasciare che tutti vedessero solo la sua espressione imbronciata.
“Sì” si limitò a rispondere “Non abbiamo studiato il perimetro e la pianta del palazzo per niente. In questi giorni mi sono fatto un’idea di dove potrebbero essere i laboratori; se mi mettessi adesso a cercarli potrei raggiungerli in tempo per stasera e trovarmi un posto riparato da cui assistere”
“Ehi!”
Lea lo tirò con insistenza per la manica “Non stai dimenticando qualcosa?”
“Sì, la videocamera che ho lasciato a casa”
“Non intendevo quello!”
Era davvero buffo a vedersi, i capelli rossi ormai del tutto fuori posto e gli occhi sgranati, le braccia e le man che si agitavano davanti a lui per dissuaderlo da quell’impresa. Vederlo con quella faccia stupita, al limite dell’offesa, meritava tutto il loro ingresso clandestino al castello. “E se ti senti male lì sotto? Non penserai andare lì dentro da solo?”
“Lo sto appena facendo, Lea” si lasciò scappare il sorrisetto più freddo che poteva “Non è colpa mia se te la stai facendo sotto!”
“Perché tu no, sbruffone?” nel bel mezzo del palazzo reale, dove forse le guardie potevano ascoltare ogni loro parola, dove sinistri scienziati avevano appena compiuto un esperimento alle spalle del loro sovrano, Lea esplose nella sua risata migliore, quella che a Isa bastava per affrontare anche le prove più dure. Si concesse un secondo sorriso. Vero, questa volta.
“Non stavi per caso pensando di andare la solo per ottenere tutta la gloria per te, vero? Perché se è così sai cosa facciamo? Sarò io ad andare per primo, non sei bravo come me ad intrufolarti……”
“Non è una cosa di cui andarne fieri, Lea……”
Nei suoi occhi si leggeva una nuova impazienza “Allora andiamo, o quelli inizieranno l’esperimento senza di noi!”
“Lea?” l’altro si era già avvicinato all’ascensore che aveva inghiottito le guardie, studiandone i comandi con gli occhi che erano tornati a risplendere “Sei davvero sicuro di non aver paura?”
“Io?”
L’ascensore si aprì senza alcun rumore.
“Non se so che ho il mio migliore amico a coprirmi le spalle! E adesso muoviti e non fare altre domande sceme!”


Un migliore amico a coprire le spalle.
Quella Replica avrebbe fatto bene ad averne uno.

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Spero di non avervi annoiato! Se conoscete questo meraviglioso gioco e volete lasciare un commento, positivo o negativo che sia, mi fa sempre piacere!

8
FanFic / Legame Cremisi - Crossover: Saint Seiya / Soul Eater
« il: 28 Ottobre, 2012, 16:39:08 pm »
Buongiorno, ragazzi! Questa fanfiction è nata da un contest di crossover (storie che uniscono personaggi di due o più anime o manga) che ho fatto diversi mesi fa, ed avendo scelto come ambientazione il mondo di Saint Seiya Lost Canvas ho pensato di postarla qui.

Rating: Giallo
Personaggi: Sage, Lugonis, Thanatos (Saint Seiya), Crona, Franken Stein, Medusa (Soul Eater)




Legame Cremisi

Capitolo 1: Sage, la pazienza. Cosa scorgono gli occhi verdi che vegliano sul Santuario?

L’uomo anziano scese le scale; nonostante il passo fermo ed autoritario che aveva imparato ad acquisire nel corso degli anni, un qualsiasi spettatore vi avrebbe letto fretta e preoccupazione.
Ma non c’era alcuno spettatore, e mai ve ne sarebbero stati sui gradini della Scala Sacra, la lunga serie di gradini che conduceva all’osservatorio del Santuario, suo piccolo regno e rifugio; il profumo delle rose rosse che crescevano lì poteva indurre chiunque ad una morte rapida. Chiunque, ma non il Grande Sacerdote.
Sage arrivò all’ultimo gradino e camminò nel giardino che conduceva alla Casa dei Pesci; vi erano centinaia di rose del color del sangue, bellissime e letali, il cui colore esplodeva anche in quella notte poco rischiarata dalla luna. Erano la vista più bella che si potesse godere dal suo osservatorio, quella che rendeva ogni giorno degno di essere salutato con gioia, e scendere lì dentro aveva sempre rinvigorito di speranza il suo vecchio cuore. Al suo passo i fiori si scansarono, mentre lungo i rami dei roseti più anziani le spine si ritraevano con un certo rispetto, attente a non ferire la sua pelle, imprigionarne i capelli chiari o strappare la lunga tunica scura.
L’uomo anziano era abituato a quel prodigio, e più di una volta si era sorpreso di ringraziare ad alta voce le piante. Il meraviglioso giardino su cui in quel momento si poggiavano i suoi passi non era soltanto un capriccio del custode della Dodicesima Casa, ma anche l’ultimo e più potente baluardo che qualsiasi invasore avrebbe potuto incontrare prima di raggiungere l’osservatorio, l’ultimo tempio in cui da centinaia di generazioni regnavano i Grandi Sacerdoti e si incarnava la preziosa dea Atena. Gli anni avevano insegnato a Sage il rispetto per ogni creatura o cosa, e non trovava né folle né stravagante il gesto di riverire e salutare quei roseti.
Eppure da diversi giorni qualcosa non andava.
I petali di più di un fiore avevano venature color dell’oscurità.
Sarà forse perché… il Cosmo di Lugonis sta sparendo?
Non ne era così certo, ma non lo avrebbe mai saputo rimanendo ad osservare le stelle rinchiuso nelle sue stanze.
Entrò nella Casa dei Pesci senza farsi annunciare, scostando i rampicanti che decoravano l’ingresso, certo che il custode del luogo avesse più di un modo per sapere del suo arrivo.
“G … G … Grande Sacerdote!”.
Sage si voltò: da un’ombra uscì un ragazzo pallido e magro, fin troppo per la sua età. Si inginocchiò davanti a lui con una deferenza esagerata ed un terribile nervosismo di fondo, facendo cadere a terra un candelabro d’oro che stringeva come fosse una lancia. Erano anni che l’uomo anziano non vedeva i capelli rosa del piccolo e timido Crona, l’apprendista di Lugonis e futuro custode di quel luogo e del giardino. Se possibile si era fatto ancora più introverso e nervoso di quanto ricordasse.
“Il … il mio maestro la attende, Sua Eccellenza! E … e … mi dispiace terribilmente di non aver fatto ritirare le rose per la sua venuta, e poi … e poi non so come comportarmi quando …”
“Non hai nulla di cui scusarti. Ora fai strada”.
Il ragazzo si profuse in tre inchini consecutivi e si incamminò, fermandosi un istante ad accendere le candele, lanciando costanti e confuse occhiate nella sua direzione; nella luce soffusa, con la testa china ed il passo malfermo, Sage non sapeva come giudicarlo, visto che tra poco quel corpo gracile avrebbe vestito la Gold Cloth del suo maestro: ad essere sinceri aveva in mente un paio di Silver Saint più che adatti a rivestire quel sacro compito, ma Lugonis aveva scelto il ragazzo e la questione era caduta lì, come tutte le volte che provava a discutere con il Gold Saint dei Pesci.
La vocina del ragazzo arrivò flebile, come se per pronunciare quelle parole avesse vinto una lunga battaglia interiore “Lei … può guarire il mio maestro … Eccellenza?”.
Il ragazzo non sa nulla, dunque …
L’arrivo nella stanza del Saint dei Pesci risparmiò a Sage una risposta che non si sentiva pronto a dare; il primo segnale di quello che stava accadendo lì dentro era l’odore acre delle rose venefiche, che avrebbe donato una morte dolce e lenta a qualsiasi mortale che ne l’avesse respirato. Il sacerdote inalò a fondo, usando il suo Cosmo per allontanare la minaccia, assaporando nel naso e sul fondo della gola il profumo mortale dei Cavalieri dei Pesci. La sorgente dell’odore intenso era il corpo di Lugonis. L’uomo non aveva nemmeno la forza di alzarsi; riuscì solo a puntare i gomiti e sollevare la schiena in segno di saluto, continuando però a portare con ostinazione e orgoglio la sua Cloth che scintillava d’oro alla luce delle nuove candele “Grande Sacerdote …”
Crona corse verso di lui, scrollandosi di colpo tutta la sua apatia; gli venne accanto, sistemò il candeliere al posto di lumi ormai spenti e gli versò una coppa d’acqua, ma quando vide che le mani del suo maestro tremavano iniziò a piangere silenziosamente.
“Crona …” l’uomo bevve a sorsi lenti, poi gli scompigliò i capelli e stentò un sorriso che non ingannò nemmeno il suo apprendista.
I cavalieri protetti dalla dodicesima costellazione nascevano dotati di una bellezza particolare, tanto che a prima vista era difficile capire se fossero uomini o donne. Ma negli ultimi tempi Lugonis era cambiato: i suoi occhi blu si erano fatti lattiginosi ed i capelli, un tempo color del sangue, avevano la consistenza della stoppa e gli ricadevano in disordine fino ai fianchi in una tinta indefinibile. L’odore dei fiori proveniva dal suo corpo e da quelli che erano cresciuti spontaneamente ai lati del suo letto.
Una rosa appassita …
“Ragazzo, l'ora è tarda ed il Grande Sacerdote è in gentile visita alla nostra Casa. Saresti così gentile da portarci qualcosa da mangiare?” Sage si rese conto di non aver mai visto il Saint dei Pesci, di solito schivo e scostante, comportarsi in maniera tanto affettuosa “E … non fare quella faccia! Tra un po’ starò meglio, vedrai!”.
Il ragazzo non parlò, ma si inchinò davanti ad entrambi ed uscì con un vassoio tra le mani; non guardò negli occhi nessuno di loro e Sage percepì una disperazione in grado di inghiottire un Cosmo così spaurito. Lasciò che i passi dell’apprendista svanissero nei corridoi, poi si sedette davanti al letto, fissando Lugonis; forse la sua bellezza era sparita, ma poteva veder sbocciare un sorriso “Hai iniziato il Legame Cremisi?”
“Sì. Tra qualche giorno Crona sarà il nuovo Gold Saint dei Pesci. Ti prego, risparmiami i tuoi dubbi: il ragazzo è pronto”.
Sage sospirò; era giunto fin lì anche con l’intenzione di far ragionare Lugonis per l’ultima volta, ma l’uomo era irremovibile. Per essere un Saint dei Pesci era vissuto a lungo, raramente aveva visto un eletto della dodicesima costellazione superare i trentacinque anni di vita; la persona davanti a lui era orgogliosa del suo legame che aveva tanto tardato a creare.
“Noi Pesci siamo padri per natura, Sage. Esistiamo solo per il nostro discendente”.
“Ah, di certo Crona sarà un tuo degno erede: è solitario come tutti i Pesci, e con quei capelli è difficile dire se stai addestrando un sacerdote o una sacerdotessa”.
“Almeno non facciamo come i Saint del Cancro, che si chiudono nella loro corazza e ci invecchiano dentro!”.
Per quello gli piaceva Lugonis: ad un uomo votato alla morte non importava molto fingere eccessivo ossequio per il suo superiore, e non mancava mai di fargli notare alcuni difetti. Dei tanti uomini sotto di lui, quello davanti ai suoi occhi era l’unico con cui aveva stretto qualcosa di molto vicino al concetto di amicizia.
“Sage… c’è però qualcosa che devo dirti … riguardo a Crona”
I suoi occhi si assottigliarono, rivelando di colpo le preoccupazioni che nascondeva al suo ignaro apprendista; sollevò a fatica il braccio destro, portandolo alla vista del Grande Sacerdote. Sage non vi aveva fatto alcun caso, preoccupato solo del viso pallido e del corpo a pezzi, ma ciò che vide lo lasciò senza parole. L’armatura d’oro era sempre splendida e lucente come l’amore di Atena, ma la porzione che copriva l’avambraccio era in frantumi in più punti, e diverse crepe la coprivano.
“Ma cosa …?” chiese, colpito dai più incredibili dubbi.
“Il sangue … il suo sangue …”
Sage si avvicinò, tenendo tra le mani l’oggetto e fissandolo senza più parlare: nulla poteva scalfire una delle sacre Cloth, le armature dono della loro dea, né la forza del Toro né il braccio del Capricorno. E non certo il sangue di un ragazzo. Sembrava che l’oro si fosse distrutto dal suo interno, spaccato da delle venature all’apparenza invisibili; quando ne saggiò la resistenza un nuovo frammento si staccò, friabile come il gesso “E … tu?”
Tra le dita di Lugonis comparve una rosa, e con le sue spine disegnò un lieve tratto sul palmo della mano, ed il sangue si riversò sul letto: quando toccò la stoffa l’anziano sacerdote sentì un odore di morte venirgli addosso, ed osservò con attenzione le poche gocce rimaste accanto alla ferita dell’uomo. Quel sangue era nero come la notte, proprio come le nuove rose che aveva visto nel giardino.
E gelido al tatto.
“LUGONIS, INTERROMPI SUBITO IL LEGAME!”
“No”.
Già. Se davvero lo avesse voluto lo avrebbe fatto da tempo; ma quel sangue nero non era normale. Nelle vene dei Saint dei Pesci scorreva da ere un sangue velenoso per tutti i sensi umani, frutto di anni di isolamento tra le rose sacre, le loro armi predilette. Si addestravano per tutta la vita allo scopo renderlo sempre più forte, ed in ogni guerra sacra il custode della dodicesima costellazione lo aveva usato per abbattere tutti coloro che tentavano l’ascesa della Scala Santa. In oltre duecento anni il Gran Sacerdote aveva visto quel sangue velenoso decine di volte, ma mai esso era stato del colore del cuore di Ade.
“Sage … ascoltami …”
Cercò di rimanere seduto e di fissarlo negli occhi.
“Non interromperlo … non farlo per me. Anche se il sangue di Crona fosse stato rosso, in lui scorre il veleno della mia Casa. Sai bene quanto me cosa accade alla fine del Legame Cremisi”.
“Ma …”
“Ti chiedo solo di guardarlo da lontano quando non ci sarò più. Non so spiegarmi cosa sia questo sangue. Sai quanto me che lo scopo del Legame è quello di donare al mio successore tutto il potere ed il veleno che ho accumulato nel corso degli anni in questo giardino, offrendoglielo sotto forma del mio sangue per rafforzare il suo e renderlo superiore. Ho iniziato lo scambio tre giorni fa, e dal primo contatto il suo sangue ha iniziato a mutare.” sospirò, osservando la porta “Non vi avevo dato molto peso e credevo fosse una normale reazione al mio veleno, ma… da quando una sua goccia ha distrutto la mia Cloth temo per lui”.
“PRENDI TEMPO! COME GRAN SACERDOTE TI ORDINO DI FARLO!”
Lugonis doveva obbedirgli; ma seppe la risposta prima che l’altro aprisse bocca “Non puoi disfare quello che Atena ha voluto per noi. Con il Legame Cremisi ho dato il veleno che scorre in me a Crona, e adesso lui mi sta offrendo il suo. Il suo sangue supera di molto il mio e ne sono orgoglioso” sorrise in modo ancora più flebile “Ho atteso per dieci anni che il mio apprendista arrivasse a questo livello”.
“Lugonis, tu morirai”.
“Come un Saint dei Pesci: con il sangue del mio successore. Dalla morte, la vita”.
Ed io vedrò ripetersi la tragedia per l’ennesima volta…
“Morirei in ogni caso, questa storia del sangue nero non cambierà il mio destino” appoggiando una mano alla parete si sedette sul letto, fissandolo con i suoi ostinati occhi blu. Fu osservandoli con calma che l’uomo anziano comprese di non avere più alcun argomento valido per fermarlo; come d’altro canto, succedeva ogni volta che assisteva al Legame. Non era mai riuscito ad accettarlo nel profondo del cuore. Perché quando tutto era terminato, quando il corpo del maestro giaceva senza vita in un letto di petali, quando per pochi istanti l’intero giardino diventava secco e sterile, allora rimaneva soltanto un ragazzo con un’armatura d’oro che comprendeva proprio in quel momento di aver ucciso con il suo stesso sangue la persona che lo aveva cresciuto ed amato.
“Il ragazzo non lo sa, vero?”
“Come non lo sapevo io all’epoca. E dopo tanti anni mi rendo conto che è la scelta migliore”.
Poi alle loro spalle sentì un rumore di stoviglie in terra e di vetro in frantumi; sulla soglia della porta stava il ragazzo, con gli occhi pieni di lacrime fissi su loro due, incurante della cena sparsa sul pavimento. Per la prima volta Sage percepì il potenziale dell’apprendista dietro un Cosmo debole, spaventato e fuori controllo. Lugonis raccolse tutte le sue poche forze e si sollevò di colpo dal letto, il viso privo di ogni colore.
“CRONA!”
Sage riuscì per un attimo ad incrociare gli occhi azzurri dell’apprendista e vi lesse insieme vuoto ed orrore per tutto quello che non avrebbe dovuto sentire. Poi il giovane diede loro le spalle e corse via; l’uomo anziano avrebbe voluto fare tante cose, ma si ritrovò a sorreggere il peso di Lugonis e della sua armatura che crollarono miseramente su di lui.
“Crona …”
Distolse lo sguardo dal viso dell’uomo.
Nemmeno il Grande Sacerdote avrebbe mai dovuto vedere le lacrime di un Gold Saint.

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Spero che piaccia! Se così fosse aggiungerò i capitoli successivi!



9
Assistenza / dove posso spammare?
« il: 05 Ottobre, 2012, 22:13:54 pm »
Ciao a tutti! Sì, white si è rimbambita, ma non trovo la sezione / discussione in cui è permesso spammare? Volevo invitare La Terza Casa ad un contest interforum ....

10
Ciao a tutti! Ho iniziato a leggere in inglese il primo libro della trilogia di The Hunger Games, di cui il primo film è già uscito da un po' nelle sale italiane ed ha riscosso un certo successo. Non so quanti di voi abbiano letto il libro e visto il film, ma sta di fatto che, cosa rara, per una volta penso che il film sia davvero molto superiore al libro.

Di per sé la cosa che ha avuto grande successo in questo romanzo è stata la scelta dell'ambientazione: molto suggestiva, con una certa strizzata d'occhio alla società moderna, con una pennellata di crudeltà che alla fie appassiona i lettori. L'idea che ogni anno 12 ragazzi e 12 ragazze vengano sacrificati (palese ispirazione alla leggenda del Minotauro) in un reality show è graffiante, e penso sia l'unica parte davvero valida nel libro. Non a caso personalmente ho apprezzato molto l'inizio, dove descrive le differenze sociali nel continente di Panem e lo stupore dei protagonisti nel trovarsi nella ricchissima ed opulenta capitale.
La parte dei Giochi è tutt'altra cosa: il film ti fa correre l'adrenalina, saltare per aria, farti tremare all'idea che noi, al loro posto, non ce l'avremmo mai fatta. Ti intrattiene per un'ora con tanta azione, mentre nel libro ... è un po' piatta. La scena che secondo me mette i brividi

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quando si ritrovano ad affrontare i loro compagni morti trasformati in bestie
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viene liquidata in tre pagine, così come le morti di alcuni personaggi, così toccanti nel film, ti sembrano trattate in fretta.

I personaggi: io credo che, in un romanzo, l'80% del piacere della lettura te lo diano i personaggi. Devono convincerti, farti impersonare in loro, trascinarti e farti vivere sulla pelle i loro dubbi. Nel libro non c'è nulla di tutto ciò: Katniss è una vera Mary Sue, bellissima, fortissima, intelligentissima, coraggiosa, pronta a sacrificarsi per la sorella, in grado di sopravvivere a tutto e tutti, prende la decisione cruciale ... non so voi, ma in un romanzo avere una protagonista di questo genere ti annoia molto. Peeta è piatto: mentre nel film non riesci a comprendere subito le sue intenzioni e dubiti di lui, nel libro è chiaro, capisci subito che è innamorato di lei, dubiti di lui per una pagina o poco più. Rue è la bambina morbida, non riserva sorprese, ed idem per Cato, da cui magari mi sarei aspettata più umanità (nel libro non fa quel discorso finale che c'è nel film). Nessun personaggio ti sorprende, e questo è grave. In un film d'azione questi problem si perdonano un po', perché oltre alla personalità dei personaggi ci sono gli effetti speciali, la recitazione, le musiche, se un personaggio è un po' piatto ci si potrebbe anche passare sopra ....

Inoltre il libro è stato pensato per un pubblico adolescente, quindi la narrazione è molto semplice. Il punto di vista (Katniss racconta la vicenda in prima persona al presente) è originale e mi piace, anche se essendo Katniss un personaggio pessimo la narrazione finisce ogni tanto per essere noiosa.

Quindi se vi è piaciuto il film ed eravate tentati di prendere il romanzo ... beh, io personalmente non ve lo consiglio ... però pensavo comunque di scrivere questa lista di particolari perché magari a qualcuno può interessare.

11
Zona Grafica / Codice banner
« il: 23 Giugno, 2012, 22:07:12 pm »
Buonasera a tutti, spero che nessuno abbia già aperto un topic su questo argomento, se sì chiedo venia. Vorrei usare un'immagine come banner, ovvero far sì che, cliccando su questa immagine, si possa giungere ad un link da me desiderato.

Su altervista sapete qual'è il codice che permette di fare ciò?

Grazie mille in anticipo!

12
Sondaggi / Il Successore di Sage
« il: 19 Giugno, 2012, 13:27:42 pm »
Sage è morto senza nominare un futuro Gran Sacerdote ed è subentrato Hakurei a mettere una pezza. Se Sage avesse avuto modo e tempo di nominare un futuro Gran Sacerdote, secondo voi chi avrebbe nominato tra i vari gold e perché?

13
Zona Grafica / Inchiostrazione digitale
« il: 05 Giugno, 2012, 11:37:55 am »
Buongiorno ragazzi, vorrei chiedere un consiglio a chiunque ne capisca più di me di grafica (quindi conto che risponderete in tanti  :-[)

Uno dei miei problemi fondamentali nel graficare è realizzare il contorno delle immagini, ovvero quello che viene definito come "inchiostrazione". Io prendo il mio disegno e lo metto sullo scan, e vorrei avere un'immagine trasparente con solo le linee del disegno in modo da potervi colorare l'interno.
Io di solito creo un altro livello e con il pennello, pian piano, ripasso il contorno dell'immagine sottostante e sul nuovo livello ho quello che cerco, però per quanto usi pennelli morbidi il contorno del disegno mi viene sempre "pixellato", artificiale (tipo il disego che ho fatto con soul e maka nella mia galleria), mentre vedo che nessun altro ha questo problema e fanno tutti dei bordi precisi e lisci.
Qualcuno sa consigliarmi, per favore?
Grazie in anticipo

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Le Vostre Collezioni / I Myth Cloth della Funghetta
« il: 15 Gennaio, 2012, 11:18:16 am »
Ciao a tutti ragazzi! Spero di aver azzeccato la sessione dove postare il topic! Io ho qualche Myth cloth da mostrare a tutti, frutto di regali di un mio grande amico,ma premetto di essere una schiappa con le fotografie digitali (e non), perciò mi scuso in anticipo se la qualità lascerà a desiderare, però volevo condividere con voi la mia collezione, frutto di acquisti miei e vari regali.

Una parte della panoramica generale: li ho schiaffati tutti in uno scaffale o mia madre mi elimina!

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Per oggi metto solo qualche dettagli di Shun posseduto, che è arrivato da poco per festeggiare degnamente la mia laurea! All'inizio nemmeno lo volevo, perché mi sembrava un po' inutile (non è nella mia top 5 dei personaggi preferiti), però quando me lo sono trovato in mano ho deciso di montarlo lo stesso perché un regalo è un regalo! Il trono è carino, anche se forse con i colori sembra pacchiano! L'opzione era tra mettere la faccia di Shun posseduto o quella di hades, ma Shun ha degli occhi ben fatti ed un'espressione dolce, mentre Hades ha una faccia truce che proprio non mi convince. L'abito non è molto elaborato (come un po' tutte le tuniche dei Myth, su cui potrebbero perderci un po' più di tempo), ma in generale è molto tenero. La scatolina è un tocco di classe XD!!!

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La prossima volta fotograferò Pandora e Rada se la macchinetta mi assiste! Pandora è in assoluto la mi action figure preferita, è semplicemente divina e non la cambierei con nessun altro!


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Amv & Fanart / Crona and Maka - Because you live
« il: 07 Gennaio, 2012, 12:09:11 pm »
Buongiorno a tutti! Grazie alla segnalazione di hunterj posto qui questo mio video deicato a due personaggi di Soul Eater che sinceramente amo molto.


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Non è un video sulla loro storia d'amore, perché non ci credo neanche un po': Maka sta con Soul e lungi da me negare questo datto, ma questo video lo ho pensato come un grande tributo all'amicizia. le parole della canzone credo si abbinino molto ai pensieri di Crona, a tutto quello che lui vorrebbe dire a Maka ma non ne troverebbe mai il coraggio. In un cartone in stile demenziale come Soul Eater mi ha sorpreso molto trovare due personaggi simili, approfonditi benissimo e dalle mille sfaccettature, non stereotipati né noiosi, che mi hanno lasciata in sospeso fino all'ultimo clip. Spero vi piaccia!

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