PARTE II cicli arturiani sono un ambiente mitologico particolarmente complesso che nel corso dei secoli è stato ripetutamente rielaborato in forma e contenuti.
Personaggi, luoghi eventi ed oggetti hanno assunto caratteristiche diverse, in alcuni casi anche diamentralmente opposte da quelle originali, in base al periodo ed ambiente storico in cui i dati cicli letterari sono stati composti.
In generale per i miti arturiani si riconoscono come principali rielaborazioni:
- Mito gallese originale; in generale si reputa che l'immagine di Artù, della spada nella roccia e dei principali personaggi dei cicli arturiani risalga ai miti gallesi e celtici, alcuni datati antecedentemente all'età del ferro. La fonte più intatta ed attendibile in tal senso è il
Mabinogi, ma scendere nei dettagli è irrilevante a quest'analisi.
- Prime revisioni cristiane dei miti originali, la più lampante è L'
Historia Brittonum risalente all'incirca all'800. I miti originali vennero adattati alla crescente influenza cristiana nella regione, senza tuttavia perdere completamente le loro origine celtiche; è questa una della ragioni per cui andando avanti nella mitologia Arturiana vedremo Artù ed i suoi cavalieri affiancati tanto da figure e oggetti religiosi, quanto da immagini di fate spesso derivate da divinità pagane.
- Gli scritti di Goffredo di Monmouth (il
Merlin e l'
Historia Regum Britanniae, siamo attorno al 1100) furono il primo tentativo noto di riordinare le leggende ed i miti dei personaggi Arturiani, dalla penna di Goffredo tra le altre cose apparvero per la prima volta Merlino, Morgana e l'isola di Avalon.
- Gli antichi scritti Francesi, prima influenza straniera del mito britannico, ispirata soprattutto dalla rianalisi e reinterpretazione dei personaggi di Artù attraverso una visione cavalleresca analoga a quella dei Paladini di Carlo Magno. Questa serie di scritti di vari autori introdusse nel mito il personaggio di Ginevra.
- Il ciclo di Vulgate (1200 circa) primo grande ciclo francese, che introdusse Lancillotto, la Dama del Lago e il tema della ricerca del Santo Graal.
- Il ciclo Post-Vulgate secondo grande ciclo francese, oltre ad introdurre Tristano ed Isotta e ad approfondire la storia del Graal alterò pesantemente molti dei personaggi e delle tematiche antecedenti, spesso svilendo i personaggi inglesi originali per esaltare piuttosto quelli creati dagli autori francesi (l'esempio più lampante è l'insistente crescita d'importanza di Lancillotto nella storia).
- "Le Morte d'Arthur" di Thomas Malory, autore inglese che ricompose numerose fonti in suo possesso (principalmente francesi) spesso contraddittorie tra di loro in un unico ciclo cavalleresco che copre completamente il mito arturiano dalla nascita di Artù sino alla sua morte.
L'opera di Malory è reputata la più completa mai scritta e l'autore è considerato al pari di Gioffredo di Monmouth il più influente scrittore arturiano della storia.
E' inoltre la fonte principale della tradizione arturiana moderna.
- Revisione moderna, qui ci sarebbe molto da dire in proposito, ma molte sono le opere moderne divenute popolari basandosi sugli scritti di Malory; le più rilevanti al nostro caso sono il "Re in Eterno" di T. H. White (1958) romanzo che a metà tra la commedia ed il dramma ha influito sulle più famose produzioni cinematografiche tra cui spiccano il film d'animazione della Disney "La Spada nella Roccia" (1963) ed il capolavoro Hollywoodiano Excalibur (1981)
In mezzo a questa continua evoluzione del mito Arturiano non è strano che la stessa spada di Artù abbia mutato di immagine, significato e persino di nome nel corso dei secoli.
Nota inizialmente come
Caledfwlch nei miti gallesi, venne latinizzata in
Caliburnus (apparentemente "acciaio" in un dialetto del latino medievale) da Goffredo nelle sue opere.
I successivi autori inglesi mutarono il nome dell'arma in "Caliburn", mentre per i loro contemporanei francesi divenne "Excalibur"; numerose altre varianti del nome decaddero nel corso dei secoli senza ottenere grande successo.
Alla stessa maniera anche le origini della spada d'Artù vennero ritrattate in più occasioni.
Il mito della spada nella roccia (che in origine era probabilmente un derivato dei miti norreni sulla spada Gram/Nothung conficcata nell'albero Barnstokk ed estratta da Sigmund, il padre del Sigurd/Siegfried) fu per lo meno influenzato dalle versioni cristiane del mito, in cui la spada appare per miracolo divino nel cortile della cattedrale di Londra; in base alla leggenda l'arma avrebbe garantito il dominio su tutta l'Inghilterra a chiunque fosse riuscito ad estrarla dalla roccia in cui si trovava conficcata e a dispetto di innumerevoli tentativi solamente Artù, all'epoca semplice scudiero, riuscì per caso nell'impresa.
La maggioranza degli autori fino al ciclo di Vulgate si attenne a questa versione della leggenda, ma con il crescere dell'influenza della versione francese del mito e in particolar modo del ciclo post-vulgate, l'Excalibur venne legata alla figura della Dama del Lago.
La Dama del Lago, sul cui nome proprio i diversi autori non hanno mai trovato un accordo comune, è raffigurata come una delle principali fate dei cicli Arturiani a seconda della versione il suo ruolo varia da alleata a antagonista di Artù e dei sui cavalieri, sebbene nelle versioni più moderne venga abitualmente dipinta in maniera positiva, al contrario di Morgana.
In molte versioni del mito è la dama del lago, su intercessione di Merlino, a forgiare e consegnare l'Excalibur ad Artù, dopo che questi ha irrimediabilmente perduto la sua precedente arma in un duello contro Re Pellinore; in genere la spada spezzata di Artù (quale che sia secondo i diversi miti) viene imputata come una punizione dovuta ad una sua mancanza nei confronti del codice cavalleresco (dettaglio da appuntare poiché si rivelerà più volte importante nella nostra analisi).
In queste versioni a completare l'arma, reputata invincibile, era un fodero incantato capace di impedire il sanguinamento e prevenire veleni e malattie a chiunque lo indossasse.
Generalmente in questi cicli letterari giunti alla morte di Artù ed alla caduta di Camelot l'Excalibur viene restituita alla dama del lago per volere dello stesso Artù da uno dei suoi cavalieri (Girlfet o Bediviere a seconda dell'autore).
Giunti alla versione di Malory entrambe le leggende vennero riportate distinguendo in maniera definitiva la "Spada nella Roccia" da "Excalibur", in particolare la spada nella roccia diventò specificamente l'arma che Artù spezzo nel suo duello contro Pellinore.
Molti degli autori moderni che seguirono mantennero la distinzione e, in memoria del dualismo tra i nomi Caliburn ed Excalibur, capita di frequente che nelle opere moderne (letterarie, cinematografiche e persino cartoni animati e videogiochi) la Spada nella Roccia venga chiamata "Caliburn" e venga considerata la prima spada di Artù, mentre Excalibur sarebbe la seconda.
Giunti nel 1981 il film "Excalibur" completò il quadro facendo esplicitamente riforgiare alla Dama del Lago i frammenti della Caliburn spezzata nella nuova Excalibur.
La scena in origine era un omaggio del regista (John Boorman) diretto al
Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, di cui avrebbe voluto poter girare una versione cinematografica, riferendosi a come i frammenti della spada Narsil vennero riforgiati in Andúril, la spada di Aragorn.
La scena colpì profondamente l'immaginazione popolare, complice il fatto che lo stesso Tolkien si era ispirato alla mitologia Norrena e alla Gram/Nothung di Sigmund (che come già detto è una delle plausibili origini del mito della spada nella roccia), che una volta spezzata verrà riforgiata ed ereditata da suo figlio.
In definitiva: "Caliburn" ed "Excalibur" sono entrambi appellativi validi alla spada di Artù, che può essere indistintamente vista come la spada nella roccia o la spada della dama del lago, sebbene la cultura popolare moderna associ più comunemente "Caliburn" alla spada nella roccia ed "Excalibur" a quella della dama del lago.
A volte queste armi sono rappresentate come due spade distinte, a volte sono la stessa arma.
Il caso di Episodio GNel presentare la figura di Shura nel suo manga Okada si è sicuramente ben documentato in materia, poiché i diversi dualismi nella rappresentazione della spada di Artù sono esplicitati nei combattimenti del Saint del Capricorno.
Partendo sin dal primo scontro con Kreios, Shura infrange il suo braccio ed il suo attacco (che sino a quel momento dello scontro aveva esplicitamente chiamato "Caliburn") ed arriva ad imputare questa una punizione per aver mancato al codice morale dei saint di Athena mentre era in preda al Genro Maoken di Saga.
Da rammentare in questo caso che la rottura della spada di Artù nello scontro con Pellinore è a sua volta imputata ad una mancanza nei rispetti del codice cavalleresco.
Tornando ad episodio G, in seguito alla rottura della "Caliburn" Shura riesce a riforgiare il suo attacco nell'Excalibur arrivando ad esplicitare addirittura letteralmente nel discorso il dualismo di immagine dell'arma di Artù.
In questa rappresentazione la figura di Shura conduce un perfetto parallelismo a quella di Artù, che infrange la Caliburn per sua mancanza ottenendo dai suoi frammenti un'Excalibur riforgiata; è interessante notare come lo Shura di Okada affermi che questo suo "peccato" peserà per sempre sulla sua anima e che per tanto non si reputa più degno possessore dell'Excalibur, e che sarà per tanto suo dovere cercare un nuovo usufruitore che si dimostri degno di essa; frase che rivela molto sull'interpretazione personale di Okada al riguardo dell'immagine di Shiryu da un punto di vista Arturiano (dettaglio che tratteremo nel corso dei punti 2 e 3).
Non dovrà per tanto sorprendere il fatto che nel secondo scontro tra Shura e Kreios il nuovo colpo vincente del Gold Saint si riveli essere il Double Excalibur... il dualismo della spada di Artù, già sperimentato nel confronto precedente, diviene
letteralmente uno dei colpi del Saint del Capricorno.
Excipit liber I, Incipit liber II